Il significato profondo della ninna nanna: “Melodia triste, dietro cui si nascondono solitudine e frustrazione materna”

"Ninna nanna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do?" non c'è verso più conosciuto per noi italiani che quello di una delle prime canzoni che sentiamo cantare dalla mamma o dal papà, nel tentativo di addormentarci tra le loro braccia.
Questi canti tramandati di generazione in generazione, che associamo ad un momento sereno e roseo, come la comparsa di un bambino nella vita di una coppia, in realtà nascondono il lato più oscuro della maternità. Simili a lamenti e molto semplici da imparare, erano per le madri un modo per cantare il dolore vissuto a causa del distacco del proprio bimbo dal corpo e del parto. "Sole con il proprio bimbo tra le braccia le donne si concedevano finalmente di gemere per un evento descritto sempre come roseo e meraviglioso e che invece provoca un dolore fortissimo. Questo bimbo a chi lo do? All'uomo nero forse, ecco che emerge la paura di mettere al mondo il proprio bambino in un mondo crudele, in pasto alla morte" ci spiega la professoressa ordinaria di psicologia e direttrice del master in "Death studies and the end of life" presso l'Università di Padova, Ines Testoni.

Professoressa, quali sono le caratteristiche principali delle ninna nanne?
Il primo elemento caratteristico delle ninna nanne fa riferimento alla sfera psico-sociale. Si tratta di nenie, componimenti musicali semplici da intonare e da ricordare, adatti a tutte le mamme, donne provenienti infatti dai contesti sociali più disparati, molto simili a lamentazioni funebri.
Cosa ci dice il fatto che le ninna nanne siano così simili a lamenti funebri?
Con le lamentazioni funebri le ninna nanne condividono la semplicità che le ha rese facilmente riproducibili e popolari. Questa somiglianza nasconde degli impliciti, ossia che la gravidanza e il parto possano essere intese come un lutto o una perdita, anziché come eventi lieti e occasioni di estrema gioia.
In che senso il parto può essere inteso come un lutto?
Bisogna intendere il parto dal punto di vista della dimensione intrapsichica materna, la quale fa i conti con la gravidanza, che è moltiplicazione all'interno e il parto, che è la divisione fuori. La moltiplicazione interna è definibile come un attaccamento intimo e radicale tra la mamma e il feto, che li porta ad avere ritmi circadiani e biologici simili e induce la donna a comprendere lo stato del bambino in base alle sue propriocezioni. Si tratta di un attaccamento che mai si proverà allo stesso modo nella vita, perché la madre da quel momento in poi non sarà mai più attaccata al suo bambino come quando era nel grembo materno. Capiamo dunque che il parto implica una divisione, una perdita di unità. Si tratta di un evento traumatico, ed è una violenza di tipo ostetrico trattare la madre come un'eroina che deve subire in silenzio, quando sta vivendo una sofferenza fisica devastante e questo distacco con il figlio.
Anche per il bambino è così traumatico il parto?
Certo, Otto Rank parlava della nascita come di un trauma mortale e Melania Klein sottolinea come il pianto apparentemente inspiegabile e costante del bimbo non sia altro che la sua percezione della separazione dalla madre, come un trauma mortale. Dopo essere stato al sicuro nel grembo materno, nulla riesce a compensare i suoi bisogni come accadeva in quel luogo e il bimbo tra i forti stimoli del mondo si sente costantemente minacciato e dunque è terrorizzato. Il bimbo impara, una volta venuto al mondo, che respirare è difficile, digerire lo è altrettanto e anche espellere le feci e piange per il terrore che la madre comprende, anche se inconsciamente.
Ecco che intervengono le ninna nanne per porre freno a quel terrore…
Esatto, la madre che ha vissuto il trauma del parto e della divisione dal suo bambino, che lo sente costantemente piangere per il terrore viene anche lasciata sola. Si pensa che le madri debbano subito essere pronte a reagire, il bimbo viene immediatamente posto loro sul petto perché lo allattino e loro si trovano con un esserino fragilissimo tra le braccia che grida per il terrore. In questo contesto fatto di dolore e solitudine si innesta quel lamento che è la ninna nanna. La donna si sente finalmente autorizzata a gemere, proprio per questo le ninna nanne non hanno il ritmo allegro tipico delle canzonette, perché non riuscirebbero a tirare fuori il vissuto materno.

Le ninna nanne raccontano solo questo dolore delle mamme?
No, qui subentra l'aspetto archetipico culturale e quello psico-sociale che caratterizza le donne. Noi abbiamo la fortuna di aver vissuto in Occidente dagli anni Cinquanta in una società che ha saputo costruire relazioni di pace, ma abbiamo ereditato queste ninna nanne, simili a lamentazioni funebri, da donne che mettevano al mondo i figli mentre il compagno era in guerra e non sapevano se sarebbe sopravvissuto o no. Si tratta di madri che consolano il proprio bambino e pensano all'amato al fronte, di cui possiamo solo immaginare il sentimento di solitudine e paura nel lasciare il proprio bimbo a un mondo crudele fatto di morte e violenza.
Non a caso una delle ninna nanne più famose canta "questo bimbo a chi lo do?"
Esatto, "ninna nanna, ninna oh questo bimbo a chi lo do?" è da intendere come un interrogativo sulla persona a cui questo bimbo verrà affidato se il padre muore in guerra e la madre anche per esempio si ammala. La prima risposta è "lo darò all'uomo nero" che altro non è se non la morte. Il bimbo verrà lasciato tra le grinfie di un mondo malsano e violento.

Con che spirito le mamme di oggi cantano le ninna nanne?
Da un lato diversamente, infatti anche il ritmo è molto diverso e meno funebre, almeno per le mamme che vivono in un contesto pacifico, tuttavia in quelle parole ancora oggi vive il dolore della separazione del parto e della solitudine in cui riversano moltissime puerpere. Una mamma, soprattutto se primipara, non può essere lasciata sola con il suo bambino, è una violenza inaudita. Per ovviare a questa solitudine, infatti, oggi esistono le doule della nascita, figura che si prende interamente carico della triade, mamma, partner e bambino, per aiutare la donna a riprendersi dal parto e tutta la famiglia a trovare un nuovo equilibrio.