Parlare dei padri lavoratori non deve essere più un tabù: la lezione di un genitore per una società a misura di famiglia
La conciliazione lavoro-famiglia non è un argomento che dovrebbe riguardare solo le madri. Anche i padri infatti devono e, soprattutto, vogliono fare la loro parte. Se però gran parte della società non sembra ancora pronta a questo scatto culturale, l'inversione di rotta è ormai necessaria non solo per abbandonare vecchi stereotipi e pregiudizi di genere, ma anche per ridistribuire i carichi di cura e modellare una società finalmente adatta alle esigenze famiglia moderna. A farsi portavoce di questa missione è stato Elliott Rae, speaker, autore e fondatore di una piattaforma per il supporto alla paternità, il quale ha recentemente condiviso sulle pagine del quotidiano britannico Metro un’intensa riflessione sul ruolo dei padri lavoratori e sulla necessità di rivedere gli schemi ormai antiquati che regolano la nostra società.
Partendo da un episodio vissuto nel 2018, Rae ha infatti raccontato di come, durante una presentazione davanti a importanti dirigenti, si sia trovato a doversi profondere in scuse e giustificazioni per andare a prendere sua figlia al nido. "Nessuno di solito lascia questo tipo di riunioni" ha scritto, ricordando lo sguardo sorpreso dei presenti. Questo momento gli ha fatto capire quanto il ruolo dei padri nel contesto familiare venga spesso sottovalutato o volutamente ignorato.
Il divario tra "mamme lavoratrici" e "papà lavoratori"
Nella sua riflessione, Rae ha evidenziato come il linguaggio rifletta le aspettative sociali. Se infatti si parla comunemente di madri lavoratrici – l'argomento spunta spesso anche nel discorso, quando si parla di famiglie e natalità – l’espressione "papà lavoratori" suona invece insolita, quasi ridondante, e tale divario linguistico si traduce immancabilmente un diverso trattamento sul lavoro. Oggigiorno, infatti, molti padri hanno (o desidererebbero avere) responsabilità simili a quelle delle madri (badare a prendere i figli a scuola, presenziare agli incontro con gli insegnanti, contribuire alle faccende domestiche ecc…) ma spesso non trovano il supporto necessario dai datori di lavoro.
Secondo Rae, costruire una nuova cultura aziendale che riconosca e supporti i padri nel loro ruolo di caregiver rappresenta dunque un passo fondamentale per permettere anche alle madri di prosperare nel mondo professionale. "Per aiutare le madri a crescere nelle loro carriere, dobbiamo supportare i padri affinché possano prosperare a casa", ha spiegato.
La chiave: dialogo e condivisione
Per chiarire la sua visione delle cose, Rae ha raccontato come, prima della nascita di sua figlia, lui e sua moglie abbiano pianificato con cura una divisione equa delle responsabilità genitoriali. Questa pianificazione, secondo lui, è fondamentale per evitare incomprensioni e tensioni nella coppia. Citando uno studio del Governo britannico, il papà lavoratore ha spiegato che quando la cura dei figli ricade prevalentemente sulle madri, il rischio di separazione nel regno Unito aumenta del 46%.
Per Rae però, la condivisione va oltre il semplice equilibrio nei compiti: è anche una questione di relazione. Concedersi del tempo per occuparsi dei figli aiuta infatti i padri a intessere un legame più forte e duraturo con loro. Nel suo caso, il lavoro flessibile gli ha permesso di essere presente durante le tappe più importanti della crescita di sua figlia, ma non tutti i genitori hanno questa fortuna.
Il peso culturale e le difficoltà sul lavoro
Nonostante gli sforzi, Rae ha raccontato di aver provato spesso disagio e imbarazzo nel dover adattare il proprio lavoro alle esigenze familiari, come se il fatto di cercare un equilibrio tra impegni professionali e compiti genitoriali fosse qualcosa di innaturale o, peggio ancora, un modo per smarcarsi dalle proprie responsabilità. Per Raes, tutto ciò riflette una cultura lavorativa che spesso fatica a riconoscere i padri come caregiver attivi. "Un terzo dei padri non si sente a proprio agio nel parlare delle responsabilità genitoriali sul posto di lavoro" ha sottolineato.
Anche nel Regno Unito, infatti, molti datori di lavoro si limitano a offrire il minimo previsto dalla legge nazionale, come le due settimane di congedo di paternità (che in Italia è di 10 giorni), mentre solo un'esigua minoranza promuove politiche di flessibilità o congedi condivisi. Di conseguenza, i padri si trovano spesso a scegliere tra la carriera e la famiglia, un conflitto che incide anche sulla loro salute mentale e sul benessere complessivo.
Cambiare il paradigma
Proprio per affrontare queste sfide, nel 2021 Rae si è mosso in prima persona dando vita una piattaforma di ascolto e supporto per tutti quei padri che desiderano cambiare le cose e vivere appieno l'esperienza genitoriale. L’obiettivo di Rae è creare ambienti di lavoro in cui i padri si sentano liberi di esprimere le proprie responsabilità familiari senza timore di giudizi o conseguenze.
"Aggiungere i giri al nido nel calendario aziendale, uscire dall’ufficio senza nascondersi o riorganizzare riunioni per esigenze familiari sono piccoli passi verso un grande cambiamento" ha spiegato, sottolineando come un approccio del genere possa avere un impatto positivo non solo sui padri, ma anche sulle madri e, soprattutto, sui figli, chi quali potranno finalmente beneficiare di una presenza parentale condivisa.
Un futuro più equo per le famiglie
Elliott Rae ha concluso il proprio intervento con un messaggio di speranza: benché si tratti di una sfida che necessita un cambiamento culturale profondo, sia da parte delle aziende che degli stessi genitori, equilibrare i carichi di cura è possibile. E il primo passo potrebbe essere quello di abituarsi a parlare di "papà lavoratori" senza imbarazzi o pregiudizi.