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“Il trapianto di mia figlia è stata una rinascita per tutta la famiglia”: la storia di Chiara e Arianna

A soli nove mesi, la piccola Arianna ha dovuto affrontare un trapianto di fegato a causa di una grave malformazione che le metteva a rischio la vita. Sua madre, Chiara, ha raccontato a Fanpage.it la loro storia, tra ansie, paure e la speranza di poter iniziare una nuova vita insieme. “È stato il sorriso di mia figlia a darci la forza di superare tutto”
A cura di Niccolò De Rosa
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Chiara e Arianna, entrambi i nomi sono di fantasia, sono una mamma e una figlia la cui vita insieme è iniziata decisamente in salita. Arianna ha vissuto i primi mesi della sua vita tra esami e ospedali a causa di una grave malformazione al fegato, mentre Chiara non ha mai smesso di lottare e sperare nel trapianto che, secondo i dottori, avrebbe regalato alla bimba un futuro in salute. Dopo nove mesi però, è arrivata la svolta: un intervento chirurgico complesso ha donato alla piccola un nuovo fegato e la possibilità di iniziare finalmente la sua vita.

"La donazione è un atto eroico. Salva la vita sia ai bambini che alle loro famiglie" esordisce Chiara, la quale è stata contattata da Fanpage.it grazie alla collaborazione della Fondazione DOT (Donazione Organi Trapianti Onlus, attiva dal 2017) e del Centro Trapianti di Fegato di Torino per condividere la sua esperienza.

Come è cominciata la vostra storia?

Arianna è nata lo scorso febbraio. La scadenza prevista per la gravidanza era fissata per aprile, quindi essendo nata prematura, aveva sempre alcuni parametri sballati, soprattutto negli esami del fegato. Dopo due mesi, la situazione non si era ancora stabilizzata e i medici dell’ospedale in cui nostra figlia è stata partorita ci hanno indirizzata presso una struttura organizzata per approfondire la questione. Dopotutto la piccola, a parte le anomalie nei valori epatici, non presentava i classici sintomi di chi soffre di un fegato mal funzionante: le sue feci non erano bianche, aveva appetito e le tappe di crescita venivano rispettate. L’unico indizio era il colorito giallognolo che non accennava a scomparire.

Immagine di repertorio
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A metà giugno però l’intervento per valutare le condizioni delle vie biliari ha confermato che Arianna aveva una malformazione al fegato che impediva perfino il flusso di sangue e solo un trapianto avrebbe potuto risolvere la situazione. Prima però la piccola avrebbe dovuto raggiungere i sei chili di peso per poter sostenere l’operazione.

L’idea del trapianto vi ha subito dato speranza o vi ha spaventato?

I medici ci avevano comunicato l’alto punteggio di nostra figlia, quindi sapevamo che era nei primi posti sulle liste per il trapianto. Certo, sapere che Arianna era in cima alla lista significava anche che era più grave: non sapevamo se confortarci del fatto che la bimba sarebbe stata una delle prime ad essere chiamata in caso di fegato compatibile, o preoccuparci per una situazione che avrebbe potuto diventare molto grave. Alla fine l’incognita c’è sempre e il fegato del donatore doveva comunque essere adatto a una bambina di pochi mesi: non era proprio una situazione così scontata. In più a complicare ulteriormente il quadro, c’era anche il pensiero che se mai questo nuovo organo fosse arrivato avrebbe significato che un altro bebè non ce l’aveva fatta. Insomma, era una situazione davvero complessa, perché implicava fare i conti con la consapevolezza che il trapianto sarebbe stato possibile solo grazie alla disponibilità di un organo proveniente da un donatore deceduto.

Come avete vissuto questa attesa?

Anche se alla fine l’attesa è stata breve, è stata un’estate molto impegnativa. Io e mia figlia l’abbiamo passata da ricoverate in ospedale, con mio marito che ci veniva a trovare nel weekend o quando prendeva le ferie. La difficoltà più grande però è stata quella di costringere in una stanza una bambina così piccola proprio nella prima fase di apprendimento e scoperta. Io naturalmente cercavo di stimolarla con dei giochini e delle piccole attività, però alla fine era sempre sul letto di un ospedale. Certo, Arianna è stata seguita molto bene da fisioterapisti e neuropsichiatri, quindi non ha subito dei grossi rallentamenti dello sviluppo a causa di questa situazione, però non era proprio il clima ideale.

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Arianna invece come è stata durante quei giorni così complicati?

Arianna è sempre stata molto brava. È una vera forza della natura e non ha mai perso né l’appetito né i suoi meravigliosi sorrisoni, nemmeno dopo le continue visite e i tanti fastidi dati dalla situazione. È stato proprio il suo sorriso a darci la forza per stringere i denti e non farci prendere dallo sconforto. Se per lei la malattia non era un limite, non doveva esserlo nemmeno per me.

Quali sono stati gli scogli più ostici da superare?

Sicuramente l’angoscia di sapere che tua figlia dovrà subire un intervento importante e che qualcosa potrebbe andare storto. In più, per me e mio marito erano i primi mesi da genitori, dunque a tutte le preoccupazioni dovute alla situazione si aggiungevano anche tutti quei timori e quelle insicurezze dettate dall’inesperienza.

C’è stato un momento in cui ti sei chiesta "perché a me"?

Più che altro mi chiedevo “perché a mia figlia” e ho dovuto combattere con numerosi sensi di colpa. Mi tormentava l’idea di non essere riuscita a farla sana. Poi la cosa è passata anche grazie alla condivisione delle esperienze con le altre persone nel reparto. Alla fine mia figlia con il trapianto avrebbe probabilmente recuperato la salute e di per sé già questo rappresentava una grande fortuna.

immagine di repertorio
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Avere a che fare con i volontari delle associazioni che supportano i pazienti pediatrici

È stato un sostegno molto importante, non solo dal punto di vista logistico, visto che grazie a loro avevo un cambio per badare alla bimba mentre mi lavavo o riposavo per qualche momento. Mi hanno dato tanta forza grazie ai racconti delle famiglie come la nostra che, proprio grazie al trapianto, ce l’avevano fatta. È stato un immenso conforto.

Cos’hai provato il giorno del trapianto?

È stato interminabile. Ovviamente già la notte prima l’abbiamo passata completamente insonne e al mattino sono iniziate le procedure per preparare la bimba all’intervento. C’era paura ma soprattutto speranza, la speranza che di lì a poche ore sarebbe tutto cambiato in meglio. Alle dieci di sera il responsabile dell’equipe ci disse che era andato tutto bene ed è stata un’emozione unica, un sollievo che non avevo mai provato prima.

Come è stata la ripresa?

Molto veloce. Già subito dopo l’intervento Arianna ha iniziato a recuperare un colorito più roseo. Il post- trapianto poi è andato benissimo, la bimba rispondeva sempre molto bene a tutti gli esami e finora non ci sono mai state complicazioni. Dopo tre settima ne siamo finalmente tornati a casa nostra.

Oggi come sta Arianna e la sua famiglia?

Bene, non vediamo l’ora di metterci alle spalle questo 2024 tanto difficile e di vedere la nostra piccola crescere, ridere e giocare. Anche se per un po’ di tempo nostra figlia non potrà stare con gli altri bambini a causa della debolezza indotta dai farmaci, ora Arianna è proprio come tutti gli altri e vederla così è la gioia più grande della mia vita

C’è qualcosa che ti senti di dire ad altre famiglie che si trovano in una situazione simile?

Direi di avere tanta fiducia, tantissima pazienza e un’incrollabile speranza. Anche se all’inizio non sembra, può davvero andare tutto bene. E quando ciò accade è veramente una rinascita, sia per i figli che per i loro genitori.

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