PlayStation, videogiochi e cellulare nella letterina? Da che età si possono regalare ai figli
“Cosa facciamo gliela prendiamo o no la playstation? L’ha chiesta a Babbo Natale e tutti i suoi compagni la hanno, ma io non so se è pronto” un quesito che in questi giorni avrà sfondato le porte di molte case in cui i genitori per la prima volta oltre a bambolotti, macchinine, peluche, cucinette e puzzle sulla lista dei desideri dei loro bimbi hanno trovato qualche device tecnologico.
Cosa fare? Bruciare le tappe che nella propria mente ci si era immaginati regalando al bimbo l’oggetto dei desideri, o impedirgli di averlo, isolandolo così inevitabilmente dai compagni di classe? Abbiamo chiesto alla psicologa Giovanna Mascheroni, Docente ordinaria in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, di spiegarci cosa sia meglio fare quando un bambino piccolo avanza la richiesta di un gioco tecnologico.
Se un bambino chiede presto a Babbo Natale un gioco tecnologico, un cellulare o un videogame, qual è l’età giusta per esaudire questo suo desiderio?
In realtà l’American Academy of Pediatrics (AAP) che è sempre stata molto rigida nel fissare dei limiti in base all’età dei bambini, vietando loro un accesso precoce agli schermi, sta rivedendo le sue posizioni sul tempo che i piccoli possono trascorrere davanti al cellulare per esempio. Il problema è che ci si focalizza sempre troppo sui modi in cui viene usato e poco sul tempo e sui contenuti cui i bimbi hanno accesso. Infatti non esiste un’età giusta per tutti i bambini, proprio perché ogni bimbo è a sé, ci sono però dei limiti che potremmo definire dovuti alle infrastrutture se facessimo un analogia con la bicicletta, su cui ogni bimbo impara ad andare quando si sente pronto, ma che diventa complessa da regalare a un bambino che vive dove non esistono piste ciclabili. Pensando allo smartphone infatti tutte le app di messaggistica o i social media per il gdpr non possono essere usati da ragazzi e ragazze di età inferiori ai 14 anni, in Italia, il limite entro cui si presume che un adolescente sia in grado di dare un consenso informato rispetto all’utilizzo dei propri dati. Dunque bisogna rispettare questo limite.
Quindi nella scelta dei giochi tecnologici o dei videogame da regalare ai propri figli a cosa bisogna stare attenti?
Innanzitutto bisogna ricordare che in campo pedagogico c’è una grande letteratura che evidenzia opportunità e benefici dei videogiochi, per cui non ha senso demonizzarli, basta stare attenti ai limiti di età che trovano scritti su ogni confezione.
Suggerisco poi di scegliere dei giochi che non siano un'attività solitaria attraverso cui il bimbo si isola da tutto il resto, ma attività che seppur tecnologiche possono essere utilizzate con i genitori e i fratelli. In quest’ottica esistono anche app interattive adatte a bambini di 4 anni, per esempio. Per i giocattoli connessi a internet l’unica cosa a cui i genitori devono stare attenti sono l’appropriazione dei dati personali del bambino, tema che oggi sta a cuore delle aziende che li producono, ma un tempo non era così tanto sentito, che diversi giochi interattivi vennero ritirati dal mercato o perché proponevano al bimbo pubblicità occulta o perché utilizzavano i suoi dati.
Se si decide di non acquistare ai propri figli un gioco tecnologico e poi il bimbo è l’unico della classe a non connettersi con i compagni per giocare ai videogame, non si rischia di isolarlo?
È un tema molto sensibile, è complesso per i genitori fare la scelta giusta in un momento in cui la tecnologia fa parte di tutti quei consumi che i bambini usano per evidenziare l’appartenenza al gruppo dei pari. Come negli anni ottanta era un’onta non avere i vestiti firmati, oggi è un’onta non avere il cellulare o i videogame, quindi il genitore vive la pressione sociale del proprio figlio che si sente escluso se non accede al gioco. A mio avviso però se il genitore valuta che il proprio bambino o la propria bambina non sono pronti all’utilizzo di un dato dispositivo, oppure si rendono conto che il videogioco non è sufficientemente educativo o non risponde ai valori condivisi in famiglia, è giusto che prendano decisioni anche con il rischio che il bimbo sia infelice. Il paradosso di oggi è che gli adulti siano sempre in difficoltà a prendere delle decisioni che è necessario prendere, però.
Ai bambini va spiegato perché non riceveranno un certo giocattolo da parte di Babbo Natale?
Noi siamo una generazione di genitori molto accusati dagli esperti di essere troppo democratici, infatti mettiamo in crisi i nostri figli perché li coinvolgiamo troppo nelle nostre decisioni. Io dunque penso che sia giusto spiegare i motivi della propria scelta, lasciando la porta aperta al dialogo, evitando il conflitto e forme di ricatto. Vanno evitate formule che trasformino il videogioco in una ricompensa o in una punizione, dicendo al bambino che se sarà bravo allora potrà utilizzare il giocattolo, altrimenti no. Questo complica ancora di più la chiarezza comunicativa che dovremmo avere.
Ci sono dunque anche dei lati positivi dei giochi tecnologici?
Certo, pensiamo ai videogiochi che spesso vengono utilizzati per interagire con i compagni di classe nel loro tempo libero che è sempre molto poco per giocare insieme dal momento che i bambini spesso sono presi da impegni extra-scolastici, compiti e scuola. I robot invece già durante l'infanzia forniscono importanti competenze ai più piccoli, perché forniscono loro le basi del coding, della programmazione che magari li interesserà con il tempo.