La cronaca della lunga giornata nelle due Aule del Parlamento ha certamente fornito numerosi spunti di discussione e buttato altra benzina sul già alto fuoco della polemica politica. Già, perchè il fatidico "giorno del giudizio" sul Governo Berlusconi ha riservato una serie di clamorosi colpi di scena e si è concluso con la conferma della fiducia a Silvio Berlusconi sia pur con un margine risicato di 3 soli voti. Decisiva per la sopravvivenza del Governo Berlusconi IV la scelta delle due parlamentari aderenti al gruppo di Futuro e Libertà, Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori, le quali contrariamente a quanto sostenuto nei giorni scorsi, hanno votato no alla mozione di sfiducia spostando la bilancia in favore della maggioranza.
In avvio di giornata la votazione al Senato, che non aveva riservato sorprese particolari e si era chiusa con 162 voti favorevoli al Governo (per il quale aveva votato anche l'Union Valdotaine e l'Udc Salvatore Cuffaro, ex Governatore della Sicilia). Il primo forte scossone al dibattito lo aveva dato però Antonio Di Pietro, con un intervento alla Camera dei Deputati davvero durissimo e che aveva scatenato la rabbia e le proteste del centro destra:
Un intervento che ovviamente scatenava la reazione stizzita da parte dei parlamentari del centrodestra che in massa, seguendo l'esempio dello stesso Silvio Berlusconi, abbandonavano l'Aula, al punto che Pierferdinando Casini, al quale toccava intervenire successivamente, si rifiutava di parlare fino a che non si fosse normalizzata la situazione. Un Casini che cominciava a parlare soltanto dopo l'ingresso del Presidente del Consiglio, cui si rivolgeva certo con più rispetto istituzionale, ma con toni decisi e ben poco ossequienti, invitandolo ancora una volta ad un gesto di responsabilità nazionale.
Subito dopo però era la volta di Italo Bocchino, di Futuro e Libertà, il cui intervento provocava la contestazione ed il brusio dell'ala destra dell'emiciclo. Il parlamentare campano, infatti, toccava i nervi scoperti della maggioranza parlamentare (incluse accuse forti a Silvio Berlusconi) ed era costretto ad interromere più volte la propria orazione, riuscendo a terminare solo dopo numerosi inviti alla calma da parte del Presidente della Camera Gianfranco Fini. Un intervento che sarà più volte ripreso dagli oratori successivi e che alla luce dei risvolti successivi (con le defezioni eccellenti in casa Fli) sembra testimoniare la grande tensione vissuta dai sodali di Gianfranco Fini.
L'intervento successivo portava la firma di Giovanni Reguzzoni, della Lega Nord, che sottolineava la sua delusione nell'affrontare quello che sembra "l'ennesimo ribaltone di Palazzo". Molti gli accenni alla necessità di portare a termine le Riforme cominciate dal Governo, ma soprattutto la risposta all'intervento di Bocchino, il cui tono "è indegno di un rappresentante eletto nella maggioranza di Governo". Infine la volontà della Lega di sottoporsi al giudizio degli elettori nel caso in cui venisse meno la maggioranza in Parlamento, non per poco senso di responsabilità, ma per restituire credibilità alle Istituzioni e dare una prospettiva di cambiamento al Paese.
A parlare successivamente è il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, reduce da un apprezzatissimo discorso a conclusione della grande manifestazione dell'opposizione tenutasi sabato a Piazza San Giovanni. Un intervento per annunciare "un voto con convinzione e compattezza", durante il quale si sottolineava più volte la precarietà di un Governo costretto a cercare consensi fino all'ultimo minuto. Non mancavano poi le stoccate al Presidente del Consiglio, dal momento che "comunque vada per lei sarà una sconfitta, con un voto in più dopo averne avuti cento […] un altro giro su questa vecchia giostra è da irresponsabili, l’oggetto vero della discussione è la sua sconfitta politica, di chi aveva un’autostrada davanti ed ora cammina su un filo […] solo i bambini pestano i piedi e dicono che è colpa della strega, agli adulti non è consentito!". Alla fine un lungo applauso dai sostenitori democratici e dell'Idv, che costringeva l'interlocutore successivo ad una lunga attesa.
L'ultimo intervento di giornata spettava al capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera, Fabrizio Cicchitto, il quale cominciava con una dura requisitoria nei confronti dell'intero centrosinistra, a partire dalla rivendicazione del ruolo politico svolto negli ultimi 16 anni da Silvio Berlusconi. Non mancavano alcuni riferimenti ai leader occulti del centrosinistra, banchieri, industriali e settori politicizzati della Magistratura; infine l'affondo nei confronti degli ex alleati di Futuro e Libertà cui Cicchitto chiedeva un atto di responsabilità che rendesse giustizia anche all'operato del Governo negli ultimi mesi. Un intervento molto apprezzato dai parlamentari del Pdl e della Lega e concluso fra vivaci applausi e convinti apprezzamenti.
Il dibattito alla Camera si concludeva e la votazione con chiamata nominale riservava i colpi di scena di cui vi dicevamo in apertura, con il giallo della temporanea assenza dei dissidenti Scilipoti, Cesario e Calearo, l'arrivo all'ultimo minuto di Moffa e soprattutto con i "cambi di orientamento delle due deputate che facevano riferimento al gruppo di Futuro e Libertà, Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori, il cui voto si rivelerà determinante e scatenerà un accenno di rissa nell'emiciclo.
Insomma, una giornata incredibilmente densa di avvenimenti, mentre all'esterno dell'Aula Parlamentare, subito dopo la notizia del no alla sfiducia, scoppiavano disordini e tensioni fra gli studenti che manifestavano contro la Riforma Gelmini e le forze dell'ordine. In pieno centro cittadino una vera e propria guerriglia urbana con lanci di sanpietrini e bottiglie, cariche dei reparti di polizia in tenuta anti – sommossa e qualche ferito: il tutto in un clima di crescente tensione che durava fino a qualche minuto fa (proprio mentre scriviamo sembra tornata la calma in città).