Lo scandalo emissioni rischia di ampliarsi ulteriormente e Volkswagen finisce la giornata al tappeto, trascinandosi dietro i principali produttori automobilistici europei e americani al termine di una giornata altalenante, partita bene anche grazie alle ulteriori rassicurazioni di Mario Draghi circa la disponibilità della Bce a rivedere l’intensità dei suoi stimoli monetari a dicembre e conclusa, almeno per i listini europei, con nuovi cali degli indici dopo che la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ha invece fatto capire che la banca centrale americana è sempre più intenzionata a rialzare i propri tassi, anche in questo caso a dicembre.
Volkswagen ha terminato le contrattazioni a Francoforte a 101,95 euro per azione, con un calo dell’8,5%, dopo che lo scandalo emissioni, finora limitato ad alcuni modelli con motorizzazioni diesel, si è esteso anche ad alcune vetture alimentate a benzina. E’ stato lo stesso ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, a dichiarare parlando alla camera bassa del Parlamento tedesco, che Volkswagen ha ammesso “oggi che tra i veicoli coinvolti ci sono 98.000 auto a benzina” (secondo l’agenzia Bloomberg in particolare si tratterebbe di un motore 1.400 di cilindrata). Ieri sera il gruppo aveva ammesso di aver sottostimato il livello delle emissioni diossido di carbonio (CO2), e di conseguenza sul consumo di carburante, su un ammontare massimo di 800.000 auto vendute in Europa.
Di questi 800 mila veicoli con valori falsati su consumi e CO2, ha precisato Dobrindt, “circa 200.000 sono sulle strade tedesche” (chissà quanti circoleranno su quelle italiane), per questo il governo di Berlino si aspetta “che su questi la tassa sull’auto debba essere aggiustata”. Di quanto la tassa sia destinata a mutare il ministro non l’ha però voluto dire, aggiungendo tuttavia di aver già ordinato che tutti gli attuali modelli a marchio Volkswagen, Audi, Skoda e Seat vengano sottoposti a nuovi controlli.
Secondo gli analisti il coinvolgimento di altri 800 mila veicoli rischia di causare un ulteriore danno economico di circa 2 miliardi di euro per Volkswagen, che potrebbe anche dover tagliare il prezzo di listino dei suoi veicoli e ridurre la produzione secondo gli analisti di Equinet Bank (che oggi ha tagliato da “accumulate” a “neutral” il giudizio sul titolo). Per il momento il gruppo ho annunciato di voler fermare volontariamente le vendite del suv Touareg e dei modelli Audi A6, A7, A8, Q5 e Q7, ma i problemi non riguardano stavolta solo i marchi Volkswagen e Audi, ma anche Porsche, che di Volkswagen è l’azionista di riferimento col 31,5% del capitale).
La divisione nordamericana di Porsche ha infatti deciso a sua volta il blocco volontario delle vendite dei modelli dal 2014 al 2016 del suv Cayenne diesel sia negli Usa sia in Canada. Guarda caso la decisione segue l’accusa (che Volkswagen ha già respinto ufficialmente) giunta dall’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale statunitense, secondo cui i dati controllo delle emissioni venivano truccati non solo sui motori più piccoli ma anche sulle auto di grossa cilindrata come appunto Touareg e Cayenne.
A complicare le cose, un report di Credit Suisse in cui si fa il punto sull’andamento del settore automobilistico europeo nei primi 10 mesi dell’anno evidenzia come in ottobre tutti e quattro i principali mercati europei (Francia, Germania, Italia e Spagna) abbiano visto rallentare la crescita delle vendite ad un tasso medio del 6,2% annuo (una volte tenuto conto dei differenti giorni lavorativi), contro il +10% segnato in settembre. In Germania in particolare la crescita si è ridotta ad un +1,1%, con un calo dell’1,1% delle vendite ad automobilisti privati e un rallentamento anche delle vendite alle “flotte” di autonoleggio dal +9,6% medio dei primi nove mesi dell’anno ad appena un +2,3%.
Il gruppo Volkswagen ha pagato uno scotto deciso, visto che la crescita delle vendite è rallentata ad un +1,4% (contro il +23,9% segnato da Daimler e il +13,4% di Bmw), un risultato migliore solo di quello dei due produttori francesi Peugeot-Psa (+0,9%) e Renault (+0,7%), che troppo in salute non sembrano stare già da tempo. Ma, come sottolineano gli analisti svizzeri, le cose potrebbero ulteriormente peggiorare perchè gli effetti delllo scandolo emissione si dovrebbero iniziare a percepire sulle vendite solo a partire da novembre per via del ritardo fisiologico tra il rallentamento degli ordini e quello delle vendite.
Chi sembra poter approfittare del passo falso di Volkswagen, oltre ai suoi diretti concorrenti tedeschi, è il gruppo Fiat Chrysler Automobiles, che ha chiuso ottobre con una crescita delle vendite in Europa del 12,1%, ma anche in questo caso il dato è inferiore al dato medio dei primi dieci mesi dell’anno, +16%, segno che un rallentamento è stato comunque avvertito. Dall’inizio dell’anno tuttavia solo Nissan (+18,5%) e Kia (+16,1%) fanno meglio del produttore italo-americano, mentre la stessa Daimler con un +15,8% fatica a tenere il passo e tutti gli altri arrancano con meno del 10% di incremento delle proprie vendite.
Anche Sergio Marchionne sembra tuttavia avere qualche problemino: secondo indiscrezioni di stampa il gruppo potrebbe posticipare di 6-9 mesi il lancio di due nuovi modelli Alfa Romeo, eventualità che renderebbe l’obiettivo di raggiungere le 400.000 Alfa Romeo vendute nel 2018 sempre più difficile come hanno subito commentato gli analisti.
Dopo il 2018 Marchionne potrebbe non essere più alla guida del gruppo ai cui vertici venne catapultato nel giugno 2004 dopo l’uscita di scena di Giuseppe Morchio, ma soprattutto dopo il 2018 Fiat Chrysler Automobiles potrebbe non essere più un soggetto indipendente se come prevede lo stesso Marchionne sarà inevitabile di qui ai prossimi 3-4 anni una nuova ondata di fusioni e acquisizioni per ridurre la sovraccapacità produttiva del comparto, ossia sostanzialmente per chiudere ulteriori impianti produttivi. Ma questa è un’altra storia su cui lo scandalo emissioni potrebbe agire, al più, da acceleratore.