È stata la madre di tutte le vertenze industriali, una protesta simbolo che il paese ha conosciuto prima sul web e poi in diretta su Annozero di Michele Santoro. Una stora di quelle che meritano il lieto fine, perché se non ce la fanno loro non ce la farà nessun altro. Eppure non è andata così per la Vinyls, i cui operai occuparono il carcere abbandonato dell’isola Asinara, dando vita al reality show di protesta “L’Isola dei cassintegrati” nel febbraio 2010. Rimasero sull’isola oltre un anno, tra appelli, diari, video messaggi, tante visite da politici e personaggi famosi, un gruppo Facebook da 100mila iscritti.
Tutto questo non è bastato, perché dal 7 dicembre gli 88 operai di Porto Torres e i 120 di Porto Marghera entrano in mobilità. L’anticamera del licenziamento vero e proprio, l'ammortizzatore sociale più povero che dura un anno per chi ha meno di 40 anni e tre anni per chi ha più di 50 anni. Le lettere di licenziamento erano già state spedite lo scorso 4 aprile, eun destino già segnato. Ma qualcuno ancora sperava.
Com’è potuto succedere? Scrive sul suo profilo Facebook Tino Tellini, fra i leader della protesta del 2010: “Mi viene in mente una canzone di Vasco Rossi: va bene, va bene cosi', ma non va bene per nulla, game over, è finita. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno sostenuto la lotta, dei politici che ci hanno preso per il culo non voglio dire nulla, ma sono sicuro che di noi si ricorderanno, di loro no”. Già, i politici: sono loro ritenuti responsabili per non avere risolto la vertenza, dopo le tante promesse degli anni passati.
È un addio, quello alla Vinyls, che pesa ancor di più nei giorni in cui il governo Renzi annuncia la risoluzione di numerose vertenze industriali, fra le più recenti la Ast di Terni e la Lucchini di Piombino. La Vinyls non è stata neanche presa in considerazione negli ultimi mesi di governo. Le ultime promesse, infatti, svanite anche loro in poco tempo, risalgono a Flavio Zanonato, ex ministro allo sviluppo del governo Letta.
La vicenda industriale della Vinyls è partita subito col piede sbagliato, e ha pagato gravi mancanze da parte dei referenti istituzionali. A fine 2009 si chiude il cracking a Porto Torres – evento che sancisce la chiusura delle produzioni nei tre stabilimenti connessi – con un accordo sindacale in cui gli operai non vennero nemmeno consultati. Ma questo avveniva dopo l'arrivo dell’imprenditore veneto Sartor, che doveva rilanciare l’azienda dall’abbandono dell’inglese Ineos. Sartor riuscirà a fallire in un solo mese, lamentando un prezzo delle materie prime fornite dall’Eni divenuto troppo alto.
Poi, le trattative infinite. E i compratori c’erano. Il ministro Tremonti che si impegna in diretta tv da Santoro a trovare una soluzione. Ma le trattative vanno male, e i misteri rimangono. Perché fallirono le trattative con l’araba Ramco, che fuggì ad accordo quasi concluso senza dare spiegazioni? Perchè successe le stessa identica cosa un anno dopo col fondo svizzero-russo Gita? Perché anche la proposta Finambiente, che poteva reimpiegare gli operai, è caduta nel vuoto?
“Abbiamo vissuto sulle nostre spalle due fallimenti: uno dall’imprenditore Sartor e uno dai commissari straordinari che dovevano salvaguardare i lavoratori”, dice Lucio Sabbadin, leader delle proteste a Marghera. “Porto Marghera era una città di lavoro, dignità e speranza, oggi è terreno fertile di degrado, delinquenza, prostituzione e droga”, conclude. “A tutti gli incontri a Roma”, dice Alessandro Gabanotto, operaio di Marghera, “Ci avevano assicurato che se fossero fallite tutte le acquisizioni si sarebbe trovata una soluzione”. Non è andata così, anzi: il nuovo accordo tra regione Veneto ed Eni per il rilancio del polo indutriale, gli operai Vinyls non vennero nemmeno inseriti nel piano di bonifiche. Bonifiche che vanno fatte, in Sardegna come in Veneto, e che potrebbero (dovrebbero?) dare lavoro a tutti.
Dopo i 500 giorni all’Asinara vennero anche le lunghe occupazioni delle torri dei petrolchimici, a Porto Torres come a Marghera, l’ultima solo un anno fa. Gli operai veneti occuparono perfino il campanile di San Marco a Venezia. Ora rimane l’ipotesi chimica verde, destino comune alle ex raffinerie che ora non rendono più, come è successo di recente anche negli impianti Eni di Gela e Marghera. In Sardegna, cinque anni dopo il primo accordo, a un anno dal 2016 in cui gli impianti dovrebbero essere in marcia dando lavoro a circa 700 persone, oltre i tavoli programmatici in Regione c'è ben poco.
Insomma, quella della Vinyls è una storia di abbandono: dei lavoratori, di settori industriali importanti, di interi territori distrutti dalla crisi. Da parte della politica, del governo, dello Stato, quello stesso Stato che aveva conferito agli operai dell'Asinara il titolo di "cavalieri del lavoro". Un riconoscimento ampiamente meritato, ma che sembra quasi un modo di lavarsi la coscienza. Perché i fatti dicono una cosa semplice: queste aziende potevano essere salvate.