Molti sanno cosa significa ritrovarsi con un fermo amministrativo o scoprire un'ipoteca iscritta sulla casa, per una multa di pochi euro, elevata decenni prima e mai notificata o, peggio, addirittura già pagata. Chi non ha provato sulla propria pelle una simile situazione, vive con l'incubo di essere coinvolto in tal vicende, soprattutto in tempi di crisi economica come questa.
Ovviamente, non è questa la sede per comprendere perchè si è voluto creare un sistema di riscossione dei tributi in cui il cittadino viene stritolato senza nessuna (o con poche) possibilità di difesa. E, certo, queste vicende non possono essere giustificate richiamando l'esigenza dello Stato di fare "cassa", perchè prima di fare "cassa" occorre (come tutti i singoli cittadini sanno) procedere al controllo e alla riduzione della spesa.
Il limite di sopportazione dell'opinione pubblica è stato rapidamente raggiunto e la conferma si è ottenuta nel momento in cui lo stesso legislatore ha sentito l'esigenza di dover intervenire per mettere un freno o quanto meno porre dei limiti agli agenti di riscossione dei tributi.
Infatti, il legislatore, per far cessare l'uso indiscriminato di alcuni strumenti giuridici (come l'ipoteca) ha dovuto vietare – in modo espresso – di iscrivere ipoteca per crediti minori di ottomila Euro (comma 2 ter dell'art. 3 del DL 25/3/2010, n. 40, convertito dalla legge n. 73/2010) . La logica vorrebbe che se il legislatore (e quindi lo Stato) vieta un dato comportamento, tale comportamento doveva essere intollerabile anche prima del divieto espresso, anzi il divieto legislativo espresso è solo la consegnueza di una riprovazione sociale già concretizzata di fatto.
Purtroppo, se ove si fosse ammesso che un tale comportamento (come l'iscrizione dell'ipoteca) era vietato anche prima dell'intervento del legislatore, l'agente di riscossione dei tributi avrebbe dovuto risarcire i danni ai cittadini che si sono visti ipotecare un immobile, quando non poteva essera fatto o avrebbe dovuto risarcire i danni ai cittadini che hanno perso una vendita per una ipoteca che non doveva essere iscritta, per non parlare del danno erariale con il conseguente intervento della Corte dei Conti.
Ecco, dunque, che è stata vietata l'iscrizione ipotecaria a tutela dei crediti erariali inferiori a 8000 euro, ma solo per il futuro, cioè solo il periodo successivo all'entrata in vigole della legge, infatti, la legge n. 73 del 2010 afferma espressamente che è vietata l'iscrizione ipotecaria solo «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione»
Quindi, secondo le intenzioni del legislatore, per il passato nulla poteva essere contestato all'agente di riscossione dei tributi. Per fortua, ricordando il detto "esiste un giudice a Berlino", è possibile dire che è intervenuto il sistema giudiziario, con la sentenza del 10 aprile 2012 n. 5771 .
La Corte di Cassazione, per giungere al risultato di vietare le iscrizioni ipotecarie, anche prima del decreto n.40 del 2010, ha seguito un ragionamento basato su due passaggi logici – giuridici. In prima battuta la Corte ha applicato un semplice principio di diritto, infatti, ha ricordato che in sede processuale non bisogna "interpretare" o "applicare" la volontà del legislatore, ma bisogna applicare la lettera della legge e la volontà che risulta dalla legge (anche se questa rsulta essere diversa dalle intenzioni del legislatore).
Di conseguenza, la Cassazione ha notato che, se da un lato, dalla lettera della legge risulta che per il futuro l'iscrizione ipotecaria è vietata per i crediti inferiori agli 8000 euro, dall'altro, la Cassazione ha notato he la legge non afferma che questo comportamento era lecito in passato, del resto, se il legislatore avesso voluto considerare lecito un dato comportamento doveva dirlo espressamente o avrebbe dovuto usare altre espressioni.
Escluso, quindi, che il legislatore fosse intervenuto sul passato, la Corte ha potuto analizzare la normativa anteriore alla legge n. 40 del 2010 e dalla normativa all'epoca vigente è possibile dedurre che era vietata l'iscrizione di una ipoteca per crediti inferiori ad 8000 euro, poichè tali crediti non potevano essere oggetto di esecuzione forzata e, di conseguenza, non potevano, neppure, essere oggetto di una garanzia (come l'ipoteca) a tutela della stessa espropriazione forzata (che non poteva esserci).
Eccoo (in massima) quanto afferma la Cass. sez. un. del 10 aprile 2012 n. 5771 "Secondo il ricorrente dal tenore letterale del comma 2 ter dell'art. 3 del DL 25/3/2010, n. 40, convertito dalla legge n. 73/2010, che aveva si vietato d'iscrivere ipoteca per crediti minori di ottomila Euro, ma soltanto «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione» si ha la conferma che per il periodo pregresso non esisteva nessun limite di valore per l'iscrizione, Ma tali considerazioni non appaiono decisive, perché quello che conta ai fini dell'interpretazione di un atto normativo non è l'intenzione del Legislatore (Cass. n. 2454 del 1983) o la lettura fattane da ministeri od altri enti, ma la volontà oggettiva della legge (Cass. n. 3550 del 1988) quale risultante dal suo dato letterale, che nel caso di specie depone, per l'appunto, nel senso della non iscrivibilità dell'ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare; del resto che per valere come smentita della predetta interpretazione, il comma 2 ter dell'art. 3 del DL n. 40/2010 avrebbe dovuto stabilire il contrario e, cioè, che a partire dal momento della emanazione della legge di conversione non sarebbe più stato possibile iscrivere ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare; che in applicazione del principio stabilito da Cass. n. 4077 del 2010, deve quindi affermarsi che bene ha fatto il giudice a quo a confermare l'annullamento dell'ipoteca perché iscritta per un credito di appena 2.028, 66 Euro"