Verso il nuovo governo: cosa succede adesso?
Le urne elettorali hanno restituito, come prevedibile, un quadro piuttosto complesso. Nessun partito o coalizione dispone di una solida maggioranza di governo, dunque da questo momento in poi le sorti del Paese sono nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Secondo quanto dispone la Costituzione italiana all'articolo 92, per la formazione del futuro governo il Capo dello Stato dovrà procedere con le cosiddette consultazioni tra le forze parlamentari. Essendo l'Italia una Repubblica parlamentare, alle elezioni politiche celebrate domenica 4 marzo 2018 in sostanza i cittadini hanno eletto i futuri parlamentari che daranno vita alla diciottesima legislatura, ma la nomina del presidente del Consiglio spetta al presidente Mattarella, che dovrà individuare un nome capace di riscuotere la cosiddetta "fiducia" in entrambi i rami del Parlamento.
Entrambi i capi politici, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, rivendicano il diritto al mandato di governo, ma al momento nei fatti nessuno dei due può vantare alcuna maggioranza parlamentari in nessuna delle due camere. Per quanto riguarda la coalizione di centrodestra, inoltre, la situazione non sembra essere molto chiara. La coalizione di centrodestra era fondata su una promessa tra le parti: chi tra Forza Italia e Lega avrebbe preso anche un solo voto in più avrebbe avuto diritto a scegliere il nome del futuro presidente del Consiglio. Matteo Salvini ha sempre puntato su se stesso, mentre Silvio Berlusconi ha cercato di tenere nascosto per tutta la campagna elettorale il nome di Antonio Tajani rivelandolo solo a poche ore dall'entrata in vigore del silenzio elettorale. Matteo Salvini, dunque, stando ai patti pregressi, ha diritto a rivendicare la presidenza del consiglio all'interno della propria coalizione, ma Silvio Berlusconi, che molto probabilmente non si aspettava questa personale debacle di Forza Italia, da ieri non parla e non rilascia dichiarazioni, dando ad intendere che potrebbe avere una strategia differente per uscire dall'impasse.
Scenari politici a parte, per arrivare al conferimento dell'incarico al nuovo presidente del Consiglio, però, nel corso del mese di marzo andranno affrontate una serie di tappe istituzionali e le più importanti sono quelle relative all'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Come anticipato, le elezioni di domenica 4 marzo hanno restituito un risultato piuttosto difficile da interpretare: la prima coalizione di governo risulterebbe essere quella del centrodestra con la Lega di Matteo Salvini primo partito a livello interno, ma a seguire il Movimento 5 Stelle, presentatosi come di consueto senza alcun tipo di alleato, ha riscosso più voti in termini assoluti e dunque risulta il primo partito d'Italia. Questa spaccatura molto probabilmente produrrà un forte stallo istituzionale, un nodo che solo il presidente della Repubblica potrà sciogliere.
Le tappe istituzionali
Entro la fine della settimana, dunque entro il 9 marzo, inizieranno in Parlamento le registrazioni dei nuovi eletti di Camera e Senato. Proseguendo, per il 23 marzo prossimo è prevista la prima seduta delle nuove Camere. A presiederla saranno i vicepresidenti più votati della scorsa legislatura o, in alternativa, se tra i rieletti non figurerà nessuno degli ex vicepresidenti, il deputato più anziano mentre al Senato toccherà al presidente emerito Giorgio Napolitano. Durante la prima seduta si procederà all'elezione dei nuovi presidenti di Camera e Senato. Per quanto riguarda Montecitorio, per la presidenza è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti nella prima votazione, la maggioranza dei due terzi dei voti nella seconda e la maggioranza assoluta dei voti dopo il terzo scrutinio. Per quanto riguarda invece il Senato, è necessaria la maggioranza assoluta dei voti dei componenti dell'Assemblea. Qualora questa maggioranza non venisse raggiunta, si procederà a un secondo scrutinio per poi passare, il giorno dopo, a un terzo scrutinio nel quale sarà sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, anche le schede bianche. Qualora anche nella terza votazione nessuno abbia raggiunto la maggioranza richiesta, il Senato procederà a indire un ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti nel precedente scrutinio e si procederà a proclamare chi conseguirà la maggioranza, anche relativa. A parità di voti è eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età. L'elezione dei presidenti dovrebbe terminare entro il 27 marzo.
Proseguendo, ad aprile sarà il turno della presidenza del Consiglio. L'attuale premier Paolo Gentiloni potrà rassegnare le dimissioni solo dopo l'elezione dei due presidente delle Camere e solo dopo questo atto il presidente della Repubblica potrà avviare le consultazioni. Al Quirinale saliranno i rappresentanti di ogni gruppo parlamentare, il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e i presidenti di Camera e Senato. Procedendo con le consultazioni, il Capo dello Stato conferisce l'incarico direttamente alla personalità che, su indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento. Il premier uscente resta in carica per gli affari correnti fino alla nuova nominale e al giuramento del nuovo presidente e dei ministri. Qualora le consultazioni non restituissero un nome significativo, il Capo dello Stato può procedere con l'affidamento di un cosiddetto incarico esplorativo, che diventerà effettivo solo all'ottenimento della fiducia.