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Verona, giovane pakistana costretta ad abortire dai genitori: “Mi hanno legata a un letto”

Una studentessa pakistana residente a Verona sarebbe stata portata dai parenti nel suo paese di origine e sarebbe stata costretta ad abortire il figlio che aveva concepito con un ragazzo veronese. Alle amiche in Italia la giovane avrebbe inviato dei messaggi su Whatsapp dicendo di essere stata legata a un letto, sedata e costretta a interrompere la gravidanza.
A cura di Susanna Picone
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Una giovane pakistana di venti anni residente a Verona sarebbe stata portata nei mesi scorsi dai parenti nel suo Paese d’origine e lì sarebbe stata costretta ad abortire il figlio che aveva concepito con il suo fidanzato, un ragazzo veronese che frequenta la sua stessa scuola. A scrivere della vicenda sono i quotidiani l’Arena e il Corriere del Veneto, che spiegano che quanto accaduto alla giovane pakistana è emerso da alcuni messaggi che la stessa ragazza ha inviato tramite Whatsapp alle compagne di scuola in Italia. Preoccupate, le amiche hanno deciso di informare la dirigenza scolastica e sulla base della segnalazione dei docenti si è attivata la Digos della Questura scaligera. La ragazza sarebbe ancora in Pakistan. Gli investigatori hanno attivato il consolato pakistano in Italia mettendo a disposizione tutte le informazioni e il materiale raccolto.

La ragazza portata con una scusa in Pakistan lo scorso gennaio – Da quanto emerso, nei mesi scorsi l’istituto scolastico aveva deciso di anticipare per la studentessa i tempi dell'esame di maturità in modo tale da permetterle di portare a termine la gravidanza. Il piccolo doveva infatti nascere a giugno proprio nei giorni degli esami. Ma poi lo scorso gennaio i parenti hanno deciso di partire per il Pakistan portando con loro la ragazza. Il viaggio sarebbe stato giustificato col matrimonio di un fratello, ma in realtà si sarebbe poi trasformato in un incubo per la giovane. Partendo, la ragazza aveva detto agli amici che sarebbe tornata dopo qualche giorno, ma da allora in realtà nessuno ha più avuto sue notizie. Fino a quei messaggi inviati alle amiche.

Il padre le avrebbe ritirato i documenti per impedirle di tornare – Dal Pakistan la giovane avrebbe scritto più volte alle sua amiche spiegando di essere stata legata a un letto, sedata e infine costretta ad abortire da un medico compiacente. Secondo quanto trapelerebbe da questi messaggi, il padre le avrebbe anche ritirato i documenti per impedirle di tornare in Italia. Per questo lei avrebbe chiesto alle amiche di contattare qualcuno per andare a prenderla. La giovane lo scorso anno aveva anche denunciato suo padre per maltrattamenti e per un periodo era stata ospitata in una struttura protetta. Poi però era tornata in famiglia.

La studentessa aveva aderito a un progetto che si occupa di violenza sulle donne – Secondo quanto riferito dall’assessore ai servizi sociali del Comune di Verona, Stefano Bertacco, il padre e il fratello della giovane sarebbero in città. “Non c'è nessuna volontà da parte della famiglia – ha detto Bertacco – di lasciare libera la ragazza alla quale, a quanto ci è stato riferito, sono stati sottratti i documenti ed è costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella”. “La ragazza – ha detto ancora Bertacco – ha aderito al Progetto ‘Petra', la struttura che si occupa delle violenze sulle donne, in particolare tra le mura familiari. È stata ospitata in un appartamento protetto fino al 9 gennaio, quando ha comunicato che si era riconciliata con la famiglia e le è stato concesso, essendo maggiorenne, la libertà di scegliere e tornare a casa dai genitori”. Sempre secondo quanto si è appreso, la ragazza aveva anche chiesto di continuare a partecipare agli incontri di mutuo-aiuto organizzati dal Centro con le donne vittime di violenze in famiglia ma poi non lo avrebbe mai fatto. “Ha comunicato che era andata in vacanza. Poi si è appreso che era tornata in Pakistan per il matrimonio del fratello, probabilmente è stata una scusa per farla allontanare da Verona. In seguito al Centro Petra si è presentato il fidanzato ed è scattato l'allarme”. Bertacco ha detto che il Comune è disponibile ad accogliere nuovamente la ragazza ma ha spiegato che ora la situazione si è spostata in Pakistan: “Ci stiamo muovendo tutti ma essendo cittadina pakistana anche la Farnesina non ha molti margini di intervento. Di sicuro ad oggi non c'è nessuna testimonianza di come la ragazza vi sia stata portata”.

Il tragico precedente di Sana – La storia di questa studentessa veronese arriva poche settimane dopo quella tragica di Sana Chema, un’altra ragazza pakistana che viveva a Brescia e che è stata uccisa a venticinque anni dai suoi familiari. Sana sarebbe stata uccisa perché voleva sposare un uomo italiano e non un connazionale scelto per lei dai suoi genitori.

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