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Alfredino Rampi, le lacrime di Angelo Licheri: “Per anni ho sognato la morte che veniva a prenderlo”

Il 10 giugno del 1981 il piccolo Afredo Rampi, sei anni, rimane intrappolato nelle profondità di un pozzo a Vermicino (Roma). Colpito dalla notizia, Angelo Licheri, un semplice fattorino, si presenta volontario per farsi calare nel buco. Dopo 40 minuti di tentativi si arrende, per Alfredo non c’è speranza. Il fantasma di quella tragedia tormenta ancora l’Angelo di Vermicino: “Era così facile salvarlo”.
A cura di Angela Marino
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"Per anni ho sognato la morte con la falce e la mezza luna, mi sfidava io le dicevo, se vuoi Alfredino dovrai passare su di me". Ha convissuto con il fantasma del piccolo Alfredino quello che per anni è stato chiamato l'Angelo di Vermicino, ovvero Angelo Licheri, il volontario che tentò di liberare il piccolo dal fondo di un pozzo artesiano vicino a Frascati e che dovette abbandonarlo lì, rantolante, nelle mani di quella morte che avrebbe sognato per i successivi anni. Licheri è morto il 18 ottobre del 2021, ma nel 2018 ha raccontato la sua storia ai microfoni di Fanpage.it.

La vicenda risale al 1981. Il Paese sconvolto dal terremoto dell'Irpinia e dall'attentato in piazza San Pietro dove fu ferito a colpi di pistola Papa Giovanni Paolo II, il 10 giugno si trova al cospetto di un'altra terribile emergenza. Alfredo Rampi, sei anni, è precipitato in un pozzo artesiano tra Frascati e Roma e lì è rimasto bloccato. La Rai dispone una diretta televisiva no stop sulle operazioni di soccorso, il primo reality show d'Italia. Per tre giorni il Paese si informa in tempo reale sullo stato delle operazioni e sulla salute di Alfredino che eroicamente resiste sotto terra, al buio e con poco ossigeno. In questo scenario, il sardo 37enne Alfredo Licheri, di professione fattorino, si offre volontario per farsi calare nel pozzo. Il piano è semplice: arrivare dove gli speleologi con le loro trivelle non sono arrivati, afferrare Alfredino e tirarlo su. "Mi sono presentato e ho detto: io vengo da Roma, se possibile vorrei rendermi utile. Pastorelli (allora capo dei vigili del fuoco di Roma, ndr) mi chiese: lei soffre di qualcosa? Ha mai avuto… Senta (lo interruppi), non mi dica nulla, mi lasci solo scendere".

Alle 23 e 50 di venerdì 12 giugno Angelo Licheri viene calato nel cunicolo.  “Appena sceso – racconta – ho toccato le mani del bambino, con un dito gli ho pulito la bocca e poi gli occhi per farglieli aprire, però lui  è rimasto così (immobile), rantolava”. Per il piccolo era il secondo giorno di prigionia nelle profondità di quel pozzo a 60 metri dalla superficie. "Parlavo e lavoravo per liberare la mano per poter infilare l’imbracatura: ‘Quando usciamo di qui ti compro una bicicletta – gli promettevo – i miei bambini ce l’hanno, giocherete insieme. Quando era pronto ho intimato: ‘tiratemi su!'.  Loro hanno dato uno strattone e il moschettone si è sganciato, allora ho provato a prenderlo sotto le ascelle ma anche allora davano degli strattoni impossibili. Alla fine ho provato a tirarlo dai polsi. Ho sentito ‘track’, lui neanche si è lamentato. Gli spezzato il polso sinistro. Mi sono quasi sentito in colpa: ‘ha già tanto sofferto e ora sono arrivato io per rompergli anche il polso'. Ho fatto l’ultimo tentativo, l’ho preso per l’indumento, ma è caduto. Alla fine ho mandato un bacio e sono salito su". Alfredino morirà soffocato all'alba di sabato.

Dopo 37 anni Angelo Licheri ricorda ancora con profonda emozione quei momenti. Il dolore è forte come se fosse trascorso solo un giorno dalla tragedia di Vermicino, la rabbia anche: "Era così facile salvarlo. Gli ingegneri non capiscono niente, se avessi visto la posizione in cui era avrei scavato la terra con un cucchiaio o con una palettina da giardino, ma gli ingegneri studiano i libri, se gli dai una zappa si rompono un piede".

Dopo l'incidente di Vermicino la Rai finisce alla gogna per quella diretta di 72 ore culminata con la morte di un bambino, mentre la magistratura avvia un'inchiesta volta ad accertare la dinamica dello strano incidente che aveva portato un bambino di sei anni 60 metri sotto terra. Tutte le inchieste, anche quelle future, si concluderanno con un nulla di fatto. Nessuno, secondo la ricostruzione della Procura, calò il bimbo in quel pozzo, sebbene la vicenda presenti ancora molti punti oscuri. Angelo Licheri oggi vive in una casa di cura a Nettuno. Malato di diabete, è rimasto invalido a seguito dell'amputazione di una gamba e ha bisogno di assistenza continua che riceve nella comunità della provincia romana. Di sé l'Angelo di Vermicino dice: "Eroe? Non lo sono mai stato. Sono una persona che ha fatto di tutto per aiutare un bambino".

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