Alla fine le dichiarazioni ed i sorrisi sono quelli di circostanza, come si conviene ad ogni vertice internazionale. Stavolta però il summit di Bruxelles registra anche alcuni risultati sostanziali, che dovrebbero (almeno in teoria) servire anche a "rassicurare i mercati sulla tenuta a medio termine del sistema". A cominciare dal cosiddetto fiscal compact, l'accordo che dovrebbe uniformare le regole di bilancio sul deficit dei Paesi dell'Eurozona. Un patto che ha incassato il sì di 25 Paesi, con le eccezioni della Repubblica Ceca e quella già nota da tempo della Gran Bretagna, e che prevede regole più restrittive nella disciplina di bilancio e meccanismi di controllo in materia fiscale. Un sistema che certamente peserà anche sul nostro Paese, che però, come ricorda Carlo Bastasin sul Sole, evita "i temuti fanatismi sanzionatori e […] ha tempo dodici mesi per uscire, oltre che dalla recessione, dalla condizione di bassa crescita che renderebbe insostenibile un taglio del 3% ogni anno del debito pubblico. Solo un tasso di sviluppo stabilmente elevato è compatibile con la permanenza nell'area euro".
DOPO ATENE, LISBONA – Va detto in ogni caso che l'approvazione del fiscal compact ha richiesto l'ennesimo compromesso con i paesi dell'est che hanno accettato il patto pur non facendo parte dell'Eurogruppo. La condizione posta e sostenuta in particolare dalla Polonia, era quella del coinvolgimento a pieno titolo nelle negoziazioni successive tramite la partecipazione a tutte le riunioni dell'Eurozona; richiesta soddisfatta con il "solito compromesso" che prevede la convocazione di "almeno tre eurosummit" ogni anno. Una scelta che ha comunque il sapore di una mezza vittoria, pur in una situazione estremamente instabile accentuata dalla condizione al limite di Grecia e Portogallo. E se su Atene l'intervento sembra essere "questione di giorni", con un accordo possibile sulla ristrutturazione del debito che è stato discusso in un vertice serrato fra Draghi, Papademos, Rehn e Barroso, a preoccupare ulteriormente è il destino del Portogallo. Come vi raccontavamo, in effetti, Lisbona sembra avviata sulla stessa strada, "col rendimento del titolo a cinque anni di Lisbona schizzato oggi sopra il 22% di rendimento e uno spread tra i titoli decennali di Lisbona e i Bund tedeschi balzato al 17,39% (il 2,19% in più di venerdì).
ESM E RISORSE PER LA CRESCITA OCCUPAZIONALE – Malgrado ciò, sia Draghi che Monti hanno sottolineato come l'approvazione del fiscal compact e la ratifica delle procedure per la costituzione del Fondo Salva Stati permanente (che sostituirà quello provvisorio, anche se bisogna ancora conoscerne l'esatta consistenza) rappresentino un segnale di "ritrovata stabilità" dell'Eurozona. Allo stesso tempo, a far sorridere il Presidente del Consiglio è lo sblocco dei fondi per la crescita occupazionale, circa 80 miliardi di euro per i 27 e ben 8 per il nostro Paese: risorse che dovrebbero essere destinate a progetti per il rilancio delle "aree depresse" in cui il tasso di disoccupazione giovanile supera il 30%.