Vendola: “Amo Tobia alla follia, ma per lo Stato italiano lui non è mio figlio”
Commentando la sentenza del tribunale di Trento che nella giornata di ieri ha riconosciuto, per la prima volta in Italia, la paternità di due bambini nati all'estero grazie alla maternità surrogata, Nichi Vendola, in un'intervista concessa al Corriere della Sera, sostiene che l'ordinanza di Trento "è una finestra sulla vita". Parlando del piccolo Tobia, il figlio avuto insieme al compagno Ed un anno fa, nato negli Stati Uniti sempre grazie alla maternità surrogata, Vendola racconta: "È un anno che vivo con lui. Non è passato un giorno senza che gli dessi il biberon, che gli cambiassi il pannolino. Ci gioco come un matto, lo nutro, lo curo, lo amo alla follia. Eppure, vivo ancora in un limbo giuridico. Mentre vedo lo sguardo di mio figlio che mi cerca in ogni momento, l’idea che io per lo Stato non sia nulla per lui, che non abbia alcuna parentela, è un’idea drammatica. Che può avere conseguenze catastrofiche: io sono privo di diritti nei suoi confronti e lui nei miei". Proseguendo, Nichi Vendola aggiunge inoltre che alla luce di questa sentenza potrebbe finalmente avviare un'azione giudiziaria volta al riconoscimento ufficiale della paternità del piccolo Tobia. "Un anno fa era difficile immaginare di imbarcarsi con la richiesta a un tribunale per il riconoscimento della paternità. Valuterò con i legali, ma so di essere catalizzatore di attenzione morbosa e quindi seguirò il percorso più sicuro".
Contestando l'utilizzo dell'espressione "utero in affitto", che secondo Vendola sarebbe "irrispettosa e ideologica", l'ex segretario di Sinistra Ecologia e Libertà spiega: "Nel nome dei diritti di un bambino astratto, il bambino concreto, mio figlio, dovrebbe essere privato delle mie cure? La pratica della compravendita dei bambini è un fenomeno vergognoso, che non riguarda quasi mai le coppie omosessuali. Ma nessuno si straccia le vesti: succede solo quando si tratta di famiglie omogenitoriali", prosegue.
Nel nostro caso "una donna ci ha donato un ovulo e un'altra ha accettato di portare nella pancia un progetto di vita. Queste donne sono parte della nostra vita, gli uni per gli altri siamo come famiglie. Vivono in California, ma ci sentiamo via skype e siamo vicini. Per me e Ed è stato pregiudiziale definire la qualità del rapporto, che non vi fossero condizioni di miseria. Del resto difficilmente le motivazioni sono economiche. Francamente, poi, l’impegno e la gestazione per nove mesi non possono essere compensate da un rimborso economico: è difficile non percepire una motivazione etica", spiega Vendola.
"Tutti i pediatri che hanno visitato Tobia dicono che è l’immagine della serenità, della felicità. In quest’anno, dovunque siamo stati, abbiamo ricevuto un’accoglienza affettuosa, soprattutto dalle donne. Non sempre dalle famiglie tradizionali arrivano esempi luminosi. Credo che si debba avere rispetto della vita di un figlio. Io e il mio compagno avremmo volentieri evitato la trasferta americana, se avessimo avuto la possibilità di adottare. L’idea di una relazione tra seme e paternità è povera. Anche nei testi sacri, i casi di gestazioni per altri sono molti", sostiene Vendola, evidenziando che le sentenze emanate dai vari tribunali italiani in questi ultimi mesi non sono altro che il tentativo dei giudici di porre rimedio "alla spaventosa ipocrisia in cui è vissuta un’Italia ostaggio del moralismo elettorale e dell’immoralismo esistenziale".