“Vendere borse contraffatte non è reato, non crea danni alle case di moda”
Vendere borse taroccate non è reato. A sostenerlo è un giudice monocratico del tribunale di Tempio Pausania, in Sardegna, che in una sentenza di archiviazione relativa a un sequestro di merce contraffatta operato dai vigili urbani sulle spiagge della Costa Smeralda ha sostenuto, in poche parole, che siccome il settore del lusso non è in crisi e la vendita di borse e oggetti "taroccati" non costituisce per le aziende un grave danno, la condotta non sarebbe passibile di condanna. Tra il primo luglio e il 15 agosto sono circa 12 milioni i prodotti contraffatti sequestrati dai militari della Gdf e vigili urbani in tutta Italia, ma per qualche giudice comunque la condotta non costituisce reato, come nel caso del sequestre di Olbia.
Sotto accusa era finito un ambulante senegalese che era stato sorpreso dagli agenti con una ventina di borsette "taroccate". All'udienza preliminare, però, il giudice di Tempio Pausania ha deciso di archiviare il caso, basandosi principalmente sul principio della tenuità del reato: "Il giudice ha applicato il principio della tenuità del reato, recentemente introdotto nel codice penale", ha spiegato l’avvocato cuneese Enrico Martinetti, che ha difeso l’ambulante senegalese denunciato in Costa Smeralda. "Il giudice ha usato il buon senso, ritenendo che il modesto valore della merce sequestrata non provocasse danno economico alle griffe e quindi non integrassero gli estremi dell’illecito penale", ha concluso il legale dell'ambulante. La sentenza, accolta con grande plauso dal difensore del giovane senegalese, è destinata comunque a far discutere.