VaticanLeaks, parla un “corvo”: il nostro obiettivo è proteggere il Papa
Che l‘arresto di Paolo Gabriele, fedelissimo aiutante del Papa, fosse solo la punta dell'iceberg dell'indagine sul presunto scandalo dei "corvi" che scuote il Vaticano, c'erano pochi dubbi sin dall'inizio. La convinzione che il 46enne "maggiordomo" di Benedetto XVI -trovato in possesso di documenti top-secret sottratti dagli archivi personali del Santo Padre- non possa aver agito da solo, è stata manifestata non appena la notizia del suo arresto è stata diffusa dalle agenzie di stampa. Paolo Gabriele non è l'unico "corvo". Ipotesi corroborata da un articolo pubblicato da Repubblica, nel quale viene svelato anche il "piano" che ha portato alla fuoriuscita di lettere segrete dal Vaticano. Ci sarebbero più mandanti, decisi a portare avanti un vero e proprio progetto. I "corvi", però, non sarebbero mossi da un desiderio di denaro o di verità, «chi lo fa – dice uno di loro al quotidiano di Ezio Mauro – agisce in favore del Papa». I "corvi" sono infatti «quelli che pensano che Benedetto XVI sia troppo debole per guidare la Chiesa». Questo il racconto a Repubblica di uno dei complici di "Paoletto" Gabriele:
Ci sono i cardinali, i loro segretari personali, i monsignori e i pesci piccoli. Donne e uomini, prelati e laici. Tra i ‘corvi' ci sono anche le Eminenze. Ma la Segreteria di Stato non può dirlo, e fa arrestare la manovranza, ‘Paoletto' appunto, il maggiordomo del Papa. Che non c'entra nulla se non per aver recapitato delle lettere su richiesta.
I "corvi", dunque, sono tanti. Il loro obiettivo è agire a favore del Papa, facendo venire fuori «il marcio» che c'è nella Chiesa. E a tal proposito viene fuori il nome del segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il suo potere è eccessivo – dicono i "corvi"- e rischia di offuscare la figura di Benedetto XVI. Sarebbe iniziato tutto nel 2009: «alcuni cardinali – spiega la talpa vaticana – hanno cominciato a percepire una perdita di controllo centrale: un po' dai tentativi di limitare la libertà delle indagini che monsignor Carlo Maria Viganò stava svolgendo contro episodi di corruzione, un po' per il progressivo distacco del Pontefice dalle questioni interne».
Viganò si sarebbe rivolto a Papa Ratzinger, chiedendogli di fare qualcosa. Ma il Santo Padre, pur di non creare una «frattura pubblica con il suo braccio destro [Bertone, ndr]» ha deciso di non agire. Anzi, «pur di tenere unita la Chiesa – continua il "corvo" nel suo racconto – sacrifica Viganò». Una mossa che fa storcere il naso ai cardinali, che intuiscono le debolezze di Benedetto XVI e vanno a cercare «protezione» da Bertone. E' solo a quel punto che il Papa «capisce che deve proteggersi e convoca cinque persone di sua fiducia, gli agenti segreti del Pontefice» tra i quali ci sarebbe anche un donna (laica) che lavora in Vaticano. Il loro obiettivo principale è «informare il Papa su chi erano gli amici e i nemici», secondo quanto scrive Repubblica citando uno degli "agenti segreti".
Paolo Gabriele sarebbe uno di loro. L'uomo, accusato di di furto aggravato, ha trascorso un'altra notte nella cella di sicurezza dove è rinchiuso da cinque giorni, in attesa che cominci domani la fase della «istruttoria formale» sotto la direzione del giudice istruttore del Tribunale vaticano, Piero Antonio Bonnet, dopo quella «sommaria» presieduta dal promotore di giustizia Nicola Picardi. Secondo le indiscrezioni provenienti dall'ambiente giudiziario della Santa Sede, avrebbe già «parlato». Le sue dichiarazioni, oltre alle verifiche svolte dagli investigatori in queste ore, potrebbero portare presto a nuovi sviluppi nell'inchiesta sullo scandalo in Vaticano. E non si è escludono nuovi fermi. Intanto l'Osservatore Romano tace su tutta la vicenda.