Us Open: Pennetta-Vinci, un sogno azzurro a New York
Il giorno più straordinario del nostro tennis. Flavia Pennetta e Roberta Vinci giocheranno la prima finale tutta italiana nella storia del Grande Slam. Un giorno forse irripetibile, ma per questo ancora più dolce, ancora più denso, ancora più unico. Sonpo cresciute praticamente insieme, Flavia e Roberta, a una sessantina di chilometri di distanza. Strada facendo, insieme hanno vinto il Roland Garros junior, in doppio. Poi, come i grandi amori, hanno fatto giri immensi. Ma insieme sono ritornate. E insieme vivranno il più grande spettacolo dello sport italiano dopo il big bang. Il giorno che cambierà le loro vite e la nostra storia.
Pennetta show – Pennetta ha completato la più perfetta trasformazione sotto il cielo di new York. Qui si esalta, qui ha centrato almeno i quarti in sei delle ultime otto edizioni. Ma mai in uno Slam era andata oltre la semifinale del 2013. Contro Simona Halep, non ha solo vinto 61 63 e centrato il risultato che segnerà la sua carriera. Ha giocato la partita della vita. Ha lasciato quattro game a Simona Halep, unica semifinalista under 30 e seconda miglior giocatrice del mondo, che arrivava dalla vittoria su Viktoria Azarenka, considerata alla vigilia, e ancor di più dopo le tante eliminazioni di lusso nei primi due turni della parte alta del tabellone, la grande rivale di Serena Williams nella corsa al titolo. Era dal 2009, dai sei match point contro Vera Zvonareva proprio sullo stesso Arthur Ashe Stadium, che Pennetta non giocava così. Ma stavolta ha interpretato così ogni punto, dal primo all'ultimo, dei 59 minuti più brevi e insieme più lunghi della sua carriera. Solo all'inizio del secondo set, dall'1-0 all'1-3, ha sentito un attimo di esitazione, un momento di indecisione. Subito cancellato, subito dimenticato da un parziale di cinque giochi consecutivi e dal fenomenale dritto all'incrocio delle righe sul match point.
Niente Slam per Serena – A 33 anni, Flavia tocca il culmine della carriera, dopo aver battuto alla distanza Kvitova e Sam stosur, l'australiana che qui vinse il titolo nel 2011 contro Serena Williams. Quella stessa Serena che i 23 mila spettatori dell'Ashe avrebbero voluto veder vincere. Quella stessa Serena a due vittorie dal Grande Slam, dall'appuntamento con la storia per cui, per la prima volta in assoluto, i biglietti della finale femminile sono andati esauriti ancora prima della finale maschile. E invece, Roberta Vinci ha sparigliato destini e fortune. Ha vinto in rimonta, dopo un primo set volato via facile per la numero 1 del mondo. Sembra l'inizio di un finale già scritto, con Serena avviata a un successo che cancelli le indecisioni dei turni passati contro Kiki Bertens e Bethanie Mattek, che dimentichi il set lasciato alla sorella Venus in una stretta di emozioni quasi paralizzante. E invece anche la dominatrice del tennis mondiale è umana. E come Novak Djokovic nella finale del Roland Garros, sente il momento, sente l'importanza e la vicinanza di un traguardo che potrebbe non tornare più e che ogni volta sembra crudelmente allontanarsi dall'orizzonte di chi, novello Icaro, si azzarda a volare troppo vicino al sole.
L'ha vinta Roberta, non l'ha persa Serena – Con due dritti splendidi, di grande personalità, di flow agonistica, Robertina (cui da oggi servirà trovare un nuovo soprannome che renda giustizia della grandezza dell'impresa) chiude 64 il secondo set e allunga al terzo. L'ottimismo, ancora frenato dall'irrealtà di un volo a planare in quello che sembra ancora un miraggio troppo lontano e impossibile da essere vero, aumenta. Si fa prospettiva concreta, si fa sogno che risveglia quando, in un game scandito da uno dei punti migliori del match per la tarantina, Serena consegna con un dritto lungo il break del 4-3. E quando il momento diventa solenne, quando tutto il lavoro perché il sogno che cambia una vita diventi realtà è distante appena quattro punti, Roberta non trema. L'ultimo game è un capolavoro di talento e lucidità, è la resa di Serena che sbaglia due risposte, è il trionfo di Vinci che stampa la seconda demi-volée vincente del game sul match point. Si scusa anche con i tifosi, nell'intervista a caldo che si trasforma in un autentico show, in una passerella di sorrisi e di emozioni che non hanno voce perché le parole non bastano, non servono per spiegare quello che ha nascosto in fondo al cuore. Troppe sensazioni confondono, annegano i pensieri in un'ebbrezza che contagia.
Cresciute insieme –Terza e quarta italiana a giocare una finale Slam, Vinci e Pennetta hanno portato il tennis italiano in alto come era arrivato solo al Roland Garros, fino a quest'anno il major più tricolore di tutti, dopo il titolo di Francesca Schiavone e le due finali perse da Sara Errani. Da quest'anno, sul blu dipinto di blu di Flushing Meadows, l'azzurro ha trovato una nuova casa. Sarà una finale di ricordi e suggestioni, una finale che comunque vada sarà un successo. Il giorno più bello, per entrambe, contro l'avversaria più difficile. Contro un'amica. Flavia e Roberta sono diventate grandi insieme e insieme hanno spinto la Puglia lì dove si fa la storia. Insieme hanno vinto un Roland Garros, in doppio nel 1999, e in doppio hanno ricominciato a giocare, con la prospettiva delle Olimpiadi di Rio, dopo la rottura di Vinci con Sara Errani.
Sogno azzurro – Assente ma presente, la bolognese, nel giorno di gloria di Flavia e Roberta. Senza i suoi successi, senza le sue affermazioni sul rosso e la sua scalata tra le prime cinque del mondo, Vinci forse non avrebbe trovato la forza, dal 2012, di riprendersi la scena e il posto che il suo talento avrebbe meritato nel tennis mondiale. L'amica con cui ha condiviso il Career Slam in doppio (hanno vinto tutti i quattro major, anche se non nella stessa stagione), ha costituito un pungolo essenziale, uno sprone che le ha dato nuova motivazione per tuffarsi in singolare. E dopo averla già sfiorata un paio di anni fa, Vinci tornerà in zona top-10, traguardo tornato vicino, raggiungibile, grazie a questa finale. Insieme, come hanno iniziato, hanno raggiunto il culmine della carriera. Insieme, vivranno dai due estremi della rete un giorno destinato a cambiare l'orizzonte del nostro tennis e le dimensioni delle loro carriere. Un sogno che non tornerà mai più. Sul blu dipinto di blu.