Una sentenza storica, non c'è dubbio. Ma anche l'ennesima triste dimostrazione di quanto ciechi, insensati ed inefficaci siano stati i provvedimenti degli ultimi governi in tema di immigrazione ed integrazione. Per mesi e mesi, dietro il velo della nostra sicurezza (da cosa?) e del contrasto all'immigrazione clandestina (come se le due cose fossero direttamente proporzionali) si è celata una politica barbara ed incivile che, come testimoniato proprio dalla sentenza della Corte di Strasburgo, violava esplicitamente la Convenzione dei diritti umani. Ed ora è finanche troppo facile ed inutile dire "lo avevamo detto". Anzi, suonerebbe quasi come una sorta di assoluzione anche per le coscienze di chi si è "di colpo sentito più sicuro", di chi ha tremato di fronte all'invasione "ora che c'è la crisi anche da noi", di chi sotto sotto ha sempre pensato che respingere i barconi carichi di migranti "fosse un nostro diritto".
E invece quella dei respingimenti indiscriminati è una pratica barbara e disumana, che viola i diritti fondamentali degli individui. E invece l'idea che le nostre coste debbano essere difese manu militari dall'assalto di migliaia di disperati come se si trattasse di un esercito nemico è semplicemente vergognosa. E invece la politica dei respingimenti è "insensata e contraddittoria" e per di più lascia irrisolti i nodi cruciali del problema stesso. Senza contare che questa, fuori da ogni retorica, è l'ennesima testimonianza diretta del fatto che nulla può giustificare accordi con dittatori sanguinari, né gli interessi privati, né un concetto parziale di sicurezza interna e nemmeno egoistiche aspirazioni di benessere e crescita economica. La Corte Europea ha così messo il sigillo sull'ennesima pagina vergognosa della nostra storia recente, con motivazioni che devono essere motivo di riflessione e spingere anche ad un deciso cambio di paradigma nel modo di relazionarsi al fenomeno dell'immigrazione. Perché i migranti, come chiunque altro, meritano rispetto e considerazione anche quando sono lontani dal nostro sguardo. E perché la loro vita deve interessarci. Sempre e comunque.