I funerali di Emmanuel. Don Vinicio Albanesi: “Noi perdoniamo tutti”
È il giorno dell'ultimo saluto a Fermo per Emmanuel Chidi Namdi, il 36enne nigeriano ucciso a botte in strada dall’ultras Amedeo Mancini, un 39enne vicino agli ambienti della destra estrema, mentre difendeva sua moglie dagli insulti razzisti che l’uomo le aveva indirizzato. La bara contenente la salma del nigeriano è arrivata al Duomo della città marchigiana ed è stata accolta dal sindaco Paolo Calcinaro. Nel frattempo Don Vinicio Albanesi ha dichiarato: "Anche l'aggressore di Emmanuel è vittima. Noi perdoniamo tutti, noi accogliamo tutti". "Anche l'aggressore di Emmanuel è una vittima – ha aggiunto – E se qualcuno lo avesse aiutato a controllare la sua istintività, la sua aggressività avrebbe fatto bene". A margine delle esequie, Don Vinicio Albanesi, parroco di Fermo, ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo per l'omicidio di Emmanuel.
Durante la celebrazione, la moglie Chinyery è svenuta ed è subito stata soccorsa e trasportata fuori dal Duomo di Fermo. Dopo essersi ripresa, è rientrata in chiesa e ha partecipato alla funzione scortata da Don Vinicio Albanesi e una suora di origini nigeriane, ma è stata colta da un secondo malore e soccorsa dal 118. Durante l'omelia, l'arcivescovo mons. Luigi Conti ha espresso il proprio cordoglio e condannato il gesto di Mancini, ma anche l'atteggiamento dei media: "Mercoledì scorso avevo chiesto silenzio, ma non sono stato ascoltato, soprattutto dai media. Adesso vi chiedo la fede per comprendere le parole che abbiamo ascoltato. Senza la fede, senza credere che il sangue ha il potere di riconciliarci, noi non ce la faremo", ha detto Mons. Conti durante l'omelia. "Mi dà fastidio quando i media definiscono i migranti ‘disperati'. Ma quando mai? Noi lo siamo, non loro. Noi rischiamo di uccidere la loro speranza. È la divisione che uccide, non questo o quel fratello della comunità", ha proseguito l'arcivescovo. "Da oltre due anni questa città si è dimostrata ospitale, ma veramente ospitale. Lo riconoscono i nostri fratelli scappati dalle guerre, dalla fame, dalla persecuzione religiosa. Anche il nostro fratello Emmanuel e la sua promessa sposa lo hanno riconosciuto. Noi fermani siamo ospitali. Chiedo a tutti un supplemento di vicinanza e di fraternità", ha concluso l'arcivescovo.
Alle esequie hanno partecipato anche la presidente della Camera Laura Boldrini e, in rappresentanza del governo, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. "Sono qui per solidarietà e per mandare un messaggio alla comunità nigeriana: non vi lasceremo soli, non permetteremo che la nostra società si inquini col razzismo", ha detto la presidente della Camera. Sinistra Italiana ha fatto sapere che parteciperà ai funerali di Emmanuel con una delegazione composta dai Capigruppo di Camera e Senato e da deputati marchigiani. L'iniziativa però ha già provocato critiche.
In particolare il leghista Roberto Calderoli ha contestato la scelta ricordando che ai funerali delle vittime di Dacca non c'erano ministri. "Perché i ministri o i presidenti delle Camere non c'erano? Eppure questi nostri concittadini sono stati trucidati dal fanatismo razzista e religioso, sono stati uccisi perché italiani, europei e cristiani. E allora due pesi e due misure?" ha scritto Calderoli, aggiungendo: "Auspico che da adesso lo Stato sia presente, con la Boldrini e altri ministri, a ogni funerale di ogni cittadino ucciso in risse stradali o episodi di delinquenza, a prescindere dalla pelle o dalla nazionalità".
I funerali sono stati celebrati dall'arcivescovo, mons. Luigi Conti, insieme a don Vinicio Albanesi, il prete responsabile della Fondazione Caritas in Veritate i cui Emmanuel era ospitato con la compagna. "Posso dire che è morto di botte, è stato schiantato da una mole enorme e stiamo vedendo l'ipotesi che non sia nemmeno un omicidio preterintenzionale", ha dichiarato il Don Vinicio. Secondo quanto emerso dall'autopsia, Emmanuel sarebbe morto a causa di un pugno tra la mandibola e il labbro inferiore e soprattutto per una frattura al cranio provocata probabilmente dalla caduta a terra e dall'impatto con il marciapiede dopo il pugno.
Secondo la difesa di Mancini, è stato un pugno "non fortissimo" tanto che la dentatura è stata lasciata intatta, e causare la morte di Emmanuel il fatto che è caduto battendo la testa durante la colluttazione. Per l'accusa, però, l'ultras avrebbe sferrato il pugno mortale dopo lo scontro fisico per gli insulti alla moglie di Emmanuel, quando il migrante e la sua compagna si stavano già allontanando. Le due tesi saranno al vaglio del Gup lunedì nel corso dell'udienza di convalida del fermo di Mancini che deciderà se il 39enne dovrà rimanere in carcere.
Martedì invece a Fermo sarà lutto cittadino in occasione delle diverse manifestazioni promosse dall’associazionismo locale e regionale in memoria della vittima. In questi giorni del resto in città non sono mancati eventi di solidarietà da parte di molti cittadini. Un marcia per ricordare Emmanuel organizzata dai Centri sociali delle Marche si è svolta per le vie del centro di Fermo alla presenza dello stesso sindaco di Fermo Paolo Calcinaro.