Gli accordi dei coniugi diretti a regolare i rapporti patrimoniali in vista della separazione o del divorzio
Alla fine del matrimonio, quando è possibile, i coniugi tendono a stabilire delle regole dirette a estinguere i rapporti economici tra di loro.
Questi accordi, raggiunti quando, ormai, sussiste una crisi irreversibile del matrimonio possono avere ad oggetto la divisione dei beni comuni e/o l'assunzione dei debiti contratti per le spese familiari, oppure, possono anche avere ad oggetto la quantificazione del c.d. assegno di mantenimento al coniuge debole o ai figli.
Si tratta di situazioni particolari, in quanto uno dei contrasti al momento della separazione e/o del divorzio è proprio quello della quantificazione di detto assegno (le difficoltà di quantificazione dipendono da una serie di dubbi relativi alla necessità di far confluire in detta quantificazione anche i proventi dell'attività speculativa – finanziaria oppure la presenza di versamenti in società oppure gli sviluppi dell'attività lavorativa successivi alla separazione e/o al divorzio oppure se l'assegno è influenzato (o meno) dall'esistenza di una borsa di studio oppure quanto l'assegnazione della casa familiare incide sul mantenimento.
Per non parlare delle modifiche successive alla quantificazione.
Trasferimenti immobiliari a saldo dell'assegno di mantenimento
Oltre a difficoltà oggettive relative alla quantificazione dell'assegno di mantenimento del coniuge possono nascere delle difficoltà derivanti dalla validità degli stessi accordi presi tra i coniugi, infatti, nulla vieta che i coniugi decidono saldare l'assegno di mantenimento con un unico versamento e/o di estinguere l'obbligo dell'assegno mediante il trasferimento di un bene immobile.
E, ovviamente, nulla esclude che i coniugi cambiando idea, cominciano due giudizi separati, uno per ottenere la pronuncia di divorzio e la mera fissazione dell'assegno di mantenimento; l'altro un giudizio con il quale pretende di accertare la non debenza di alcun assegno per effetto del trasferimento dell'immobile.
Quanto gli accordi dei coniugi sono influenzati dalla separazione o divorzio
E' inevitabile che tra la separazione e il divorzio passano diversi anni, e oltre al mutare delle situazioni e degli interessi personali occorre anche valutare se sussistono delle differenze di disciplina che possono influenzare gli accordi tra coniugi nel passaggio dalla separazione al divorzio.
Vanno in questa sede ribaditi i principi secondo i quali:
- (a) la determinazione dell'assegno di divorzio, (secondo la regolamentazione datane dalla 1. n. 898 del 1970, art. 5, e dalla 1. n. 74 del 1987, art. 10), è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, anche per accordo fra le parti, in sede di separazione.
- (b) gli accordi con i quali i coniugi intendano regolare, in sede di separazione, i loro reciproci rapporti economici in relazione al futuro divorzio con riferimento all'assegno di mantenimento, sono nulli, per illiceità della causa, stante la natura assistenziale di tale assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederlo in sede di divorzio.
L'assegno divorzile è indisponibile per quanto concerne la componente assistenziale, sicchè ogni patto intervenuto in altra sede, tendente a precludere o a limitare la richiesta di un assegno divorzile, deve considerarsi nullo.
Inoltre, la disposizione della 1. n. 898 del 1970, art. 5, ottavo comma, nel testo di cui alla 1. n. 74 del 1987 – (a norma del quale su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno di divorzio può avvenire in un'unica soluzione, ove questa sia ritenuta equa dal giudice, e in tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda a contenuto economico) – non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, e gli accordi di separazione, dovendosi interpretare secundum ius, non possono implicare alcuna rinuncia a quell'assegno.
Di conseguenza, questo implica che l'obbligazione avente a oggetto il trasferimento di un immobile a eventuale tacitazione dell'assegno, stipulata prima del divorzio, non può essere trasferita in sede divorzile e non essere imposta al coniuge avente diritto all'assegno.
La volontà di tale coniuge di ottenere l'assegno in luogo del pattuito trasferimento immobiliare non è coercibile in nome dell'accordo anteriormente stipulato.
Ovviamente, questo non comporta che a quel coniuge possa veder riconosciuto, in sede di divorzio, l'assegno e (in aggiunta) il diritto al trasferimento immobiliare. Una simile conclusione contraddice l'affermata nullità per illiceità della causa di tale accordo di trasferimento immobiliare.
Rileva che la nullità di un accordo per illiceità della causa è¨ nullità dell'intero negozio non della singola pattuizione.
Questa corte da tempo ha chiarito il coordinamento tra il rilievo d'ufficio della nullità negoziale e il principio dispositivo nella differenza che corre tra la rilevazione della nullità , sempre suscettibile di essere effettuata d'ufficio da parte del giudice, finanche per la prima volta in appello, e la sua pronuncia.
In particolare, la rilevabilità d'ufficio della nullità del contratto opera di sicuro in ogni stato e grado del processo le volte in cui risulti chiesto l'adempimento della convenzione negoziale, essendo il giudice tenuto a verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e a rilevare d'ufficio le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda.
Cass. civ. sez. I del 13 gennaio 2017 n 788