Tra tasse ed Ici: sacrifici per tutti, tranne per la Chiesa
La manovra "lacrime e sangue" è ormai realtà. Nel day after della serie di provvedimenti economici che dovrebbero traghettare l'Italia fuori dall'acquitrino della crisi, sono molte le conferme delle indiscrezioni trapelate nella giornata di ieri. Al di là dei (giusti) mugugni su quel che ci aspetterà – dall'aumento di due punti percentuale dell’Iva, a decorrere dal primo settembre 2012, alla stretta sulle pensioni – è quel che manca a far storcere il naso. Patrimoniale sulle grandi fortune a parte, le polemiche in queste ore riguardano soprattutto il fatto che le misure all'insegna dell'austerità sembrano toccare tutti (Presidente del Consiglio incluso), tranne la chiesa.
L'imposta sulla prima casa – tassa prediletta da Mario Monti, sin da quando ha messo piede a Palazzo Chigi, e ribattezzata Imu, e con la quale le casse dello Stato saranno rimpinguate per un cifra totale intorno ai 22 miliardi di euro, cioè due volte e mezzo quanto percepiva la vecchia Ici (9,7 miliardi) – la dovranno pagare tutti, fuorché il clero.
La notizia è confermata nel corso della conferenza stampa del premier con la stampa estera. «La questione ICI su immobili sulla Chiesa è un provvedimento che non ci siamo posti» ha affermato candidamente Mario Monti.
30mila immobili della chiesa, per un risparmio di 2 miliardi senza Ici
E pensare che gli immobili adibiti ad attività commerciali della Chiesa sono circa 30 mila in tutta Italia, come si evince da una stima dei radicali. Ad esentarli totalmente dalle imposte fu una legge del 2005 voluta dal governo Berlusconi. L'anno successivo fu l'esecutivo guidato da Prodi a correggere la direttiva, prevedendo il beneficio solo per gli immobili dalle finalità «non esclusivamente commerciali», ma quell’avverbio – «esclusivamente» – è stato, per vie traverse, esteso anche alle istituzioni ecclesiastiche che agiscono nei settori sanitario e dell’istruzione. Una mossa che non è piaciuta all’Unione Europea che ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, giudicando l'esenzione come un illegittimo aiuto di stato, in pratica, attività anticoncorrenziali. La stessa UE ha stimato il risparmio della Chiesa, nel mancato pagamento dell'Ici, per la cifra di due miliardi di euro.
La Chiesa deve pagare l'Ici per le cose che le danno dei vantaggi
Ad affermarlo qualche giorno fa non è stato un esponente dell'estrema sinistra italiana. A ben vedere non è stato neppure un deputato del Pd, che in queste ore ha manifestato in coro il proprio malcontento per la decisione del governo Monti di non tassare gli immobili clericali. Il punto di vista arriva addirittura dal vescovo emerito di Ivrea, monsignor Luigi Bettazzi. L'uomo di chiesa è stato ospite del programma di Radio2 "Un Giorno da Pecora" e, ai conduttori che gli chiedevano se era giusto che l'istituzione religiosa pagasse o meno la discussa imposta, ha detto: «Sulle cose che sono di servizio religioso, o caritativo, non dovrebbe pagarla. Ma se ha delle opere che le danno dei guadagni, io credo che sarebbe giusto che la paghi».
Insomma, se lo dice lui qualcosa dovrà pur significare. In ogni caso su Twitter l'argomento già impazza e c'è chi lancia l'ipotesi: Spostiamo il Vaticano in acque internazionali!