Tra incertezze e contese la Manovra bis approda in un Senato deserto
Con una seduta della durata di 5 minuti alla quale hanno preso parte 11 senatori su 315 – presidente di turno compreso e con un opposizione numericamente più forte della maggioranza – il Senato della Repubblica ha dato formalmente avvio alla discussione sulla manovra da 45,5 miliardi che dovrebbe risanare le casse dello Stato e ridare autorevolezza e credibilità all'Italia a livello europeo. "La seduta tenuta oggi dall'Assemblea del Senato rappresenta un adempimento costituzionalmente dovuto", così si legge in una nota diramata dall'Ufficio Stampa del Senato. E anche i diretti interessati si difendono: il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri parla di "polemiche ingiustificate" e a fargli eco è Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd in Senato: "Sinceramente la polemica sulla scarsa presenza dei senatori oggi nell'aula di Palazzo Madama mi sembra ipocrita". Ma in realtà leggere che solo il 3 % dei senatori era al suo posto per quello che è stato definito un appuntamento "epocale" può essere interpretato da alcuni come un atto di menefreghismo verso un provvedimento che andrà a intingere in maniera significativa nelle tasche degli italiani. Il tutto, poi, in un momento afoso (in tutti i sensi) per il Paese.
Ad ogni modo la settimana prossima il testo della manovra sarà assegnato prima alla commissione Affari costituzionali e Bilancio, che inizieranno l'esame la prossima settimana. Il Senato, lo esaminerà nelle Commissioni dal 23 agosto al 4 settembre. Quindi il 5 l'approdo in Aula. E questa è l’unica certezza. Cosa resterà del decreto approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri all’unanimità è tutta un’altra storia, dal momento che, tra le richieste leghiste, le condizioni degli scontenti del Pdl (i "frondisti"), le proposte delle opposizioni e il pressing di imprese e sindacati, le distanze tra i vari contendenti sono evidenti.
Non è un caso se nel Pdl si cerca il dialogo con l’opposizione. Il premier ha aperto a "miglioramenti" in corso d'opera ma fissato dei punti fermi, come i saldi, "intoccabili". I capigruppo di Camera e Senato fanno sapere che la manovra non deve essere stravolta né rallentata, non si può tornare sulle privatizzazioni, i costi della politica e la flessibilità fino al licenziamento dei contratti tipo Pomigliano.
SCUDO FISCALE BIS? Tra le ipotesi dell'ultima ora è spuntata quella di un condono bis per recuperare le somme ancora all'estero. Uno "scudo fiscale-bis" per fare rientrare i capitali rimasti all'estero, con una aliquota superiore a quella del 5% inserita nella precedente operazione di rimpatrio dei capitali. L'idea sarebbe quella di sfruttare la tobin tax europea, la tassa sulle transazione finanziaria, per rendere più difficile l'anonimato degli evasori. L'opposizione insiste sull'ipotesi di tassare con un aliquota al 20% i capitali scudati.
TFR – Non convince invece l'idea, lanciata dalla Lega, di spalmare il Tfr (trattamento di fine rapporto) sulle buste paga. "Un modo per raddoppiare gli stipendi degli italiani”, lo aveva definito il Senatùr. Ma in realtà non è affatto così. Dal 2007, secondo quanto deliberato dal governo Prodi, sta ai lavoratori scegliere se destinare l’accantonamento del Tfr all’Inps (all’azienda, se sotto i 50 dipendenti), per vedersi erogata la liquidazione al momento della fine dal servizio, o a fondi pensione, e costituirsi così un secondo trattamento pensionistico, da affiancare a quello obbligatorio. Ora il governo vaglia la terza ipotesi: recuperare il Tfr a poco a poco ogni mese. Ciò porterebbe ad un incremento del 7% mese per mese, pari all'accantonamento mensile per la liquidazione in busta: circa il 7% dello stipendio lordo. Uno stipendio in più dunque? L'analisi dell’esperto di previdenzadel Pdl, Giuliano Cazzola, ci sembra delucidante: "Il Tfr è destinato a cose importanti, come la previdenza complementare, oppure l’acquisto della casa o spese sanitarie, e non per avere quattro soldi di più in busta paga, che poi vengono soggetti anche alla progressività dell’aliquota Irpef».