Provvisoria esecuzione della sentenza
Il legislatore per contrastare appelli alle sentenze dilatori, cioè predisposti solo per procrastinare l'inizio dell'esecuzione forzata ha scisso il momento del passaggio in giudicato della sentenza dal momento in cui è possibile iniziare l'esecuzione forzata, prevedendo la cd provvisoria esecuzione della sentenza anche se la medesima non è ancora passata in giudicato.
Rischio dell'inizio dell'esecuzione forzata basata su una sentenza provvisoriamente esecutiva, ma non ancora passata in giudicato
Il creditore che decide di iniziare l'esecuzione forzata basandosi su una sentenza provvisoriamente esecutiva (ma non passata in giudicato) si assume il rischio che durante l'esecuzione forzata la sentenza provvisoriamente esecutiva possa essere eliminata in quanto ancora sub iudice.
Il debitore che paga in base all'esecuzione forzata di una sentenza provvisoriamente esecutiva poi riformata totalmente in appello, ha diritto alla restituzione di quanto pagato. La domanda di restituzione può essere anche proposta nello stesso giudizio d’appello (con il quale si è impugnato il titolo di primo grado provvisoriamente esecutivo) o con un separato decreto ingiuntivo avente ad oggetto la restituzione dell'importo pagato sulla base della sentenza provvisoriamente esecutiva.
L'identificazione del titolo esecutivo dopo una sentenza di appello
Il complicato meccanismo tra provvisoria esecutività della sentenza e impugnazione si arricchisce di un ulteriore tassello nel momento in cui occorre identificare il titolo esecutivo idoneo dopo la conclusione del giudizio di appello.
Per comprendere quale è il titolo esecutivo che può essere messo in esecuzione, dopo una sentenza di appello, occorre valutare
- se l'esecuzione è iniziata o meno
- se l'appello ha accolto in tutto o in parte il reclamo oppure se ha respinto il reclamo.
In modo più semplice occorre comprendere se (solo) l'accoglimento dell'appello sostituisce la sentenza di primo grado, oppure, se anche la sentenza di appello che respinge l'appello sostituisce la sentenza di primo grado.
La sentenza di appello sostituisce sempre la sentenza di primo grado
In materia di titolo esecutivo di formazione giudiziale, specificamente nei rapporti tra sentenza di primo grado e sentenza d'appello, la giurisprudenza della Cassazione attribuisce alla sentenza d'appello, salvo i casi di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell'appello (e, quindi, quelli in cui l'appello sia definito in rito e non sia esaminato nel merito con la realizzazione dell'effetto devolutivo di gravame sul merito), l'efficacia di sostituire quella di primo grado, tanto nel caso di riforma che in quello di conferma di essa.
Deve quindi ribadirsi quanto già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass. n. 18254 del 2014), ovvero che la sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado, che viene eliminata e non torna a rivivere neppure se, a seguito di cassazione senza rinvio, la stessa sentenza di appello venga eliminata (in questo senso da ultimo v. anche Cass. n. 2955 del 2013).
Identificazione del titolo esecutivo dopo una sentenza di appello in presenza di una esecuzione iniziata o di una esecuzione ancora non iniziata
Il principio che la sentenza di appello sostituisce sempre la sentenza di primo grado è di semplice applicazione l'esecuzione non è ancora iniziata, diventa complicato se l'esecuzione è iniziata sulla base di un titolo parzialmente modificato in appello
L'effetto sostitutivo della sentenza d‘appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l'esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l'esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione.
Pertanto, ai fini della corretta introduzione della esecuzione promossa quando già sia stata pubblicata la sentenza di appello, il titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto è costituito in ogni caso dalla sentenza di appello e non dalla sentenza di primo grado, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell'appello e l'integrale conferma della sentenza di primo grado.
In questo caso peraltro l'esigenza di chiarezza del contenuto delle obbligazioni a carico della parte soccombente è comunque soddisfatta in quanto contenuto primario del precetto a pena di nullità è l'indicazione del contenuto dell'obbligo risultante dal titolo.
Non è per contro sufficiente ai fini della validità del precetto che esso sia stato preceduto soltanto dalla notifica della sentenza di primo grado spedita in forma esecutiva ove questa sia stata superata dall'intervenuta pronuncia della sentenza di appello neppure se esso riporti gli estremi atti ad identificare la sentenza di appello e neppure se esso, come nella specie, rechi con sè anche la sentenza di appello, ma priva della necessaria formula esecutiva.
La mancata notifica del titolo esecutivo non può essere sanata
La mancata notifica del titolo esecutivo (sentenza di appello) non può essere sanato per il raggiungimento dello scopo, in virtù dell'eventuale proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi da parte del debitore (applicando il medesimo principio che si applica quando manca o è nulla la notifica del precetto).
E tuttavia, il principio di diritto richiamato non è pertinente, ed il vizio denunciato non è sanabile, perché la mancata notifica del titolo in forma esecutiva, prevista dall'art. 479 c.p.c., non può essere in alcun modo sostituita dalla avvenuta proposizione della opposizione, perché può essere sanato con il raggiungimento dello scopo lo svolgimento di una attività nulla, ma non il mancato svolgimento di una attività dovuta.
Cass., civ. sez. III, del 13 novembre 2018, n. 29021