Non è la tenera notte di Scott Fitzgerald, non è la prestigiosa Côte d'Azur dal mare cristallino. È l'aria mefitica e il sangue, la certezza che ancora una volta il terrore ha giocato a dadi con la vita delle persone e ha vinto, ha vinto. Tu dici Nizza, Costa Azzurra, io dico Nizza Marittima, un pugno di chilometri dopo Ventimiglia, mare, passeggiata, palazzi «anche da noi dovrebbero far così!» i signor Bianchi emigrati un tempo e diventati Blanc, le signore Del Ponte oggi eleganti e pretenziose Dupont. Tu dici Nizza, io dico finestra affacciata sull'Italia.
Io dico che oggi siamo noi a incrociare le braccia e guardare ancora una volta, increduli, cos'è il terrore. Abbiamo versato lacrime per la multietnica megalopoli Parigi, per Nizza faremo altrettanto ma con una consapevolezza in più: è successo sotto casa nostra, è successo davanti al confine italiano, nel posto in cui l'unica battaglia era quella dei fiori a Carnevale sulla Promenade des Anglais oggi ci sono settanta – secondo un primo bilancio destinato a peggiorare – morti a terra.
Un attentato terroristico, le lacrime e quel che ne consegue. Durerà chissà quanti anni, la ferita nizzarda, chissà per quanto un luogo di svago, bellezza e divertimento dovrà spazzare sangue dalle sue strade per tentare di dimenticare quel che è stato il 14 luglio 2016. Chissà quando ci si potrà sedere sulle chaises bleues e tornare a rimirare il sole che abbraccia il mare.