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Terremoto: Beni Culturali, i primi passi verso la ricostruzione

Ad una settimana dal terribile sisma che ha colpito il Centro Italia il Ministero dei Beni Culturali si mobilita per tutelare l’immenso patrimonio artistico distrutto: le stime e i primi interventi.
A cura di Federica D'Alfonso
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È trascorsa una settimana dal grave sisma che ha distrutto il cuore del Centro Italia. Il terremoto ha portato via centinaia di vite umane, e ha devastato uno dei luoghi più ricchi di storia e di arte del Paese: i borghi medievali, le chiese affrescate e gli edifici storici oggi sono in gran parte ridotti ad un cumulo di macerie. È trascorsa una settimana, ed è doveroso iniziare a pensare anche alla ricostruzione di questi luoghi: un lavoro lungo e complesso, perché nel caso dei beni culturali si ha a che fare non soltanto con edifici storici, ma anche con i simboli di un'identità culturale che se non adeguatamente tutelata, rischia di andare perduta.

I primi interventi

Nel caso dell'ultimo terremoto l'emergenza riguarda un territorio molto vasto ed eterogeneo, dunque il processo di lavorazione risulta essere molto complesso e delicato, e ogni decisione deve essere presa in modo da sfruttare al meglio le risorse e garantire la massima continuità di azione in tutte le aree colpite. Ha dichiarato il ministro Franceschini in conferenza stampa:

Di fronte alla tragedia del sisma ci sono delle priorità assolute: salvare le vite umane, soccorrere le popolazioni, offrirgli condizioni per avere un luogo dove dormire e proseguire la propria vita. In una gerarchia di problemi la tutela del patrimonio culturale non è la prima cosa, ma chi ha la competenza di questo tipo deve occuparsi di queste cose fin dai primi minuti, ed è quello che è avvenuto.

Fin dalle prime ore della mattina del 24 agosto infatti, il Ministero ha attivato l'unità di crisi e mobilitato i comandi regionali dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio, mentre l'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro ha iniziato ad elaborare l'elenco dei beni da sottoporre al lavoro di recupero. Ma il processo è lungo e complesso: un buon lavoro di recupero e restauro dipende in questi casi dalla precisione e dalla tempestività degli interventi, in quanto le macerie stesse sono indispensabili per la ricostruzione, perché contengono spesso opere d'arte.

Lunedì 29 agosto sono partiti i primi rilievi sul campo grazie alle adeguate misure di sicurezza: in questa fase, ad ogni bene viene assegnato un codice giallo o rosso a seconda della gravità della situazione, in modo da dare le giuste priorità di intervento. Il passo successivo indispensabile è quello di mettere in sicurezza i beni culturali "mobili", ovvero le opere d'arte che erano conservate all'interno di chiese e musei, preservandole dai danni e dai saccheggi. Nella sola Amatrice sono state catalogate 3 mila opere d'arte: fin'ora, il Ministero ha assicurato che non si sono verificati fenomeni di sciacallaggio, ma bisogna individuare luoghi sicuri dove portare queste opere.

Quanto ai fondi, il ministro Franceschini ha spiegato come le risorse rientrino "all'interno dei fondi che il governo metterà a disposizione per fronteggiare le conseguenze dei sisma: anche perché davvero non basteranno gli incassi dei musei di domenica che abbiamo già annunciato che dedicheremo a questa calamità. Purtroppo servirà una cifra molto più grande".

Le stime dei danni

Il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, ha annunciato i numeri di una stima destinata a crescere mano a mano che i controlli proseguiranno: dai primi sopralluoghi si contano 293 beni immobili di valore culturale crollati o gravemente danneggiati nel raggio di 20 chilometri dall'epicentro del terremoto. Ad Amatrice le Basiliche di San Francesco e Sant'Agostino, la Chiesa di Sant'Emidio e il Museo Civico sono crollati, mentre le storiche Porta Romana e Porta Ascolana, insieme alla Torre Civica, risultano gravemente danneggiate. A Norcia il Monastero di San Benedetto ha riportato danni evidenti alla guglia di destra e lesioni di rilievo sul lato destro del porticato, mentre la Chiesa di Santa Croce di Arquata del Tronto risulta essere completamente distrutta.

Ricostruire la cultura

Si tratta di una situazione delicata, in cui le misure da adottare sono molte e diversificate, e in cui bisogna adeguatamente distinguere fra recupero e ricostruzione. Per quanto riguarda quest'ultima, le idee del ministro Franceschini sono chiare: ricostruire interamente i borghi con le dovute tecniche antisismiche, evitando di snaturare i territori e la loro cultura. "Avevamo già deciso che il 2017 sarebbe stato per il Mibact l'anno nazionale dei Borghi storici, di cui è disseminato soprattutto l'Appennino. Ora questo intento assume un significato ancora più importante", ha spiegato il ministro nella conferenza stampa all'indomani della tragedia.

Ma l'Italia non è nuova a questo tipo di tragedie: il terremoto dell'Umbria del 1997 aveva distrutto gran parte dei tesori artistici della Basilica superiore di Assisi. Fra le macerie, ridotti quasi in polvere, c'erano i bellissimi affreschi di Giotto: vennero raccolti e catalogati circa 300 mila frammenti, riordinati poi in base alle sfumature, al colore, alla tecnica esecutiva. Un lavoro che sembrava quasi impossibile, tanto da guadagnarsi il nome di "cantiere dell'utopia": 60 mila ore di lavoro, per un costo di circa 37 milioni di euro. Ma nel 2001, dopo anni di ricostruzione minuziosa, gli affreschi di Assisi tornarono a nuova vita.

Ma ogni volta è diverso. Molti si chiedono come sia possibile ricostruire qualcosa che di per sé è insostituibile. In questa domanda, in fondo, risiede anche il grande dramma di un evento del genere: il terremoto si porta via centinaia di vite umane, e colpisce al cuore la storia e la cultura di un popolo. Ricostruire, sì, ma come?

Gli esperti, che in questi giorni si stanno mobilitando per portare il loro contributo all'immenso lavoro di tutela dei beni culturali, sono concordi nel ritenere necessario un intervento che garantisca una ricostruzione il più possibile coerente con il territorio e la popolazione, evitando di snaturare la cultura e le istituzioni culturali di un'area. Ma anche evitare quello che alcuni definiscono "l'effetto outlet": il rischio concreto, in fase di ricostruzione, è infatti quello di creare un borgo finto e privo di identità culturale. Lo ha ricordato l'architetto e urbanista Raffaele Giannitelli: la ricostruzione deve ripartire, prima ancora che dagli edifici, dai cittadini. Bisogna attivare un processo di consapevolezza, di auto-narrazione e ri-identificazione nei luoghi persi.

Senza imprigionarli in un folcloristico eterno “vernacolo”, che non potrà che ricordarci la nostra incapacità di farci custodi, interpreti e degni di un passato in cui abbiamo creato bellissime cattedrali e palazzi anche in seguito a eventi analoghi a quelli dei giorni scorsi, subito dopo aver sepolto i morti e asciugato le lacrime, in modo da ricordare chi non c’era più in templi degni di celebrarne la memoria.

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