La verità ufficiale, seppur parziale, di questi mesi di analisi nella "Terra dei fuochi" è tutta in un faldone fotocopiato e rilegato con la spirale di plastica, come gli appunti degli studenti universitari. Una relazione che ieri a Palazzo Chigi durante la conferenza stampa di presentazione dei primi dati sulla vicenda si è vista ma non è stata ufficialmente distribuita alla stampa. Al suo posto delle slide molto coreografiche e poco utili. Ma come, il governo di Matteo Renzi non era quello dell'open data, della trasparenza, del «tutto online»? Cosa si attende ancora per mettere ufficialmente in Rete – senza lasciarle alle indiscrezioni giornalistiche – le coordinate precise e inequivocabili di quello che l'Esecutivo si affretta a definire «appena il 2 percento» delle zone nel perimetro tra la provincia di Napoli e Caserta? Che un nuovo allarme dia il colpo di grazia alle aziende agricole di quella zona? Che i grandi acquirenti di prodotti ortofrutticoli mettano la pietra tombale su una produzione già in ginocchio a causa di troppe dicerie, troppe sentenze senza uno straccio di conferma scientifica? Dove e quali sono queste 51 aree, questi 21 chilometri quadrati di territorio che saranno inibiti alle coltivazioni poiché gravemente contaminati?
Una responsabilità, questa, che Matteo Renzi e il suo governo devono ora prendersi: cessi, una volta buona e per tutte, il tempo della "colonna infame" che troppi danni ha causato: è il tempo dei dati precisi, incontrovertibili, dopo tante parole. Da troppo tempo questa gente chiede notizie certe sull'impatto ambientale dei veleni sotterrati per anni in quelle zone e sulla qualità di acqua, aria, terra. E se un documento può aiutare a fare chiarezza, deve essere diffuso, spiegato alla popolazione della "Terra dei fuochi" prima che a chiunque altro. Meno conferenze e indiscrezioni stampa, più atti concreti e ufficiali.