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TAV – Qui Chiomonte: 931 abitanti, 415 soldati, centinaia di agenti

Il governo raddoppia il contingente militare in Val di Susa, ma sembra non comprendere che non sarà la logica repressiva a fermare le rivendicazioni del Movimento No Tav: un problema politico non può essere trattato come una questione di ordine pubblico.
A cura di Davide Falcioni
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A Chiomonte, stando all'ultimo censimento, abitano 931 persone. A Chiomonte presto ci saranno 415 soldati a vigilare il cantiere dell'Alta Velocità. Se si aggiungono ai carabinieri e poliziotti, che si contano a centinaia, non è difficile comprendere che tipo di sorveglianza debbano subire i cittadini della Val di Susa. Racconto un piccolo aneddoto personale: quando la scorsa estate arrivai nel paesino, uscendo dalla piccola stazione, rimasi sinceramente colpito: due camionette della polizia – con agenti bardati di tutto punto – attendevano all'uscita fermando un po' a casaccio le persone che da lì passavano con uno zaino sulle spalle. Per arrivare al Campeggio No Tav, distante circa un chilometro, era necessario passare attraverso il centro storico. Anche lì, tra un macellaio e un'osteria, un blindato dell'Esercito Italiano, una manciata di soldati annoiati che controllavano di tanto in tanto un passante, presumibilmente diretto in quello che il senatore del PD Esposito  pochi giorni prima aveva definito per l'ennesima volta un "accampamento paramilitare".

L'accampamento paramilitare si trovava in un boschetto a poche decine di metri dalla strada principale. Solo che all'interno non c'erano guerriglieri armati fino ai denti, né ci si esercitava ad attraversare reticoli di filo spinato o lanciare molotov (a proposito: mai viste). C'erano invece persone di tutte le età: come Patrizia, 55 anni, cuoca in un asilo nido. O Ermelinda, sua coetanea, maestra. Poi tanti giovani: comunisti, anarchici, gruppi religiosi, autonomi. E famiglie con i bambini appresso che per le loro vacanze avevano scelto di partecipare a una lotta popolare. Di tanto in tanto qualche anziano valsusino passava a farci una visita, lasciando una cassa di verdura che a turno qualcuno avrebbe cucinato per la cena o il pranzo dell'indomani.

Funzionava così: intorno alle 19 ci si radunava e si iniziava a discutere in assemblea. Di quali azioni organizzare, di chi avrebbe fatto volantinaggio al mercato, di chi avrebbe dovuto pulire i bagni o durante la notte svegliare carabinieri e poliziotti asserragliati nel cantiere come in una fortezza. Loro guardavano il tutto da qualche centinaio di metri più in alto: li vedevo fissarci coi binocoli, parlottare. Qualcuno diceva che il campeggio fosse disseminato di microfoni per ascoltare cosa si diceva in assemblea. Ma io pensavo che in fondo non era necessario arrivare a tanto: sarebbe stato sufficiente prendere un agente, togliergli la divisa e mandarlo ad ascoltare. Niente di segreto, tutto alla luce del sole.

Ho partecipato alle azioni concordate in quelle assemblee, tutte rivendicate pubblicamente dal Movimento. Due esempi: un giorno facemmo visita alla Geovalsusa, società di geologi di Torino (qui il racconto di quella giornata). Finì con il fermo di decine di persone. Un altro giorno a una marcia nei campi espropriati dei contadini. Eravamo non meno di cento attivisti e, dopo aver camminato per qualche chilometro, ci ritrovammo una trentina di agenti in assetto anti-sommossa. Provammo ad aggirarli, ma ovunque passassimo loro c'erano ed erano decine, pronti a "contenerci" mentre noi andavamo a volto scoperto. Finì che rientrammo al campeggio. Non ci furono scontri.

A cosa serve dunque mandare altri soldati? Semplice, a criminalizzare ancora di più un movimento che resiste da più di 20 anni, malgrado la repressione sia stata a tratti feroce. L'attuale governo, come tutti i precedenti, continua a trattare una questione strettamente politica come un problema di ordine pubblico, negando persino il confronto. Centinaia di studiosi hanno sostenuto che il progetto della Tav è inutile e dannoso. Perché sono stati ignorati? Nel frattempo gli attivisti e intellettuali che si schierano apertamente contro il progetto vengono bollati alla stregua di terroristi: definizione orribile, che nazisti e fascisti usavano nei confronti dei partigiani. Ricordate come andò a finire? Stanno alzando pericolosamente il livello dello scontro e lo sanno bene, come sanno perfettamente che il Movimento non rinuncerà mai a lottare in Val di Susa, e che utilizzerà anche i sabotaggi per interrompere i lavori. A chi serve questo gioco al massacro?

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