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Tagli agli stipendi dei manager pubblici: il governo non farà sconti

La disposizione prevista nel decreto salva Italia non trova il favore degli inquilini delle due Camere, ma il governo intende proseguire per la sua strada. A fine mese i pareri delle Commissioni.
A cura di Alfonso Biondi
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Ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi

I parlamentari storcono il naso. Il tetto ai compensi dei manager pubblici, stabilito lo scorso dicembre dal decreto salva Italia, sembra non piacere a molti degli inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama: alcuni non sono d'accordo con la vigorosa sforbiciata; altri, invece, vorrebbero che l'austerità disposta dal provvedimento venga allargata anche ad altri settori. E si aspetta il parere delle commissioni Affari Costituzionali e Lavoro delle due Camere, previsto per fine febbraio. Da discutere, come ricorda Repubblica.it, ci sono i tagli ai stipendi dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, il cui tetto massimo è stato fissato in 304mila euro annui, retribuzione del primo Presidente della corte di Cassazione. In ogni caso, chi riceve due stipendi dalle amministrazioni pubbliche non potrà conservali entrambi, ma potrà trattenere solamente il 25% dell'incarico di provenienza.

I tasti dolenti- I punti di disaccordo tra governo e parlamentari, ma anche tra parlamentari e parlamentari riguardano due punti del decreto: le deroghe e l'entrata in vigore dei tagli. Riguardo al primo punto, molti chiedono che le posizioni apicali, quelle dei super-manager per intenderci, non siano toccate dai tagli. Riguardo al secondo punto, invece, viene contestata la decisione dell'esecutivo di applicare le nuove disposizioni anche ai contratti in essere. Il Ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, però, fa sapere che il governo intende andare avanti sulla propria strada e non fare sconti a nessuno.

Autorithy ed enti locali- Consob, Antitrust, Agcom e le altre authority non sono state menzionate in maniera esplicita nel decreto salva Italia, ma l'idea del governo è quella di agire anche sulle retribuzioni dei loro Presidenti e top manager. E' bene sottolineare che i tagli varati dal governo Monti non riguarderanno i dirigenti di enti locali come regioni, province e comuni: fonti dell'esecutivo fanno infatti sapere che estendere le disposizioni anche agli enti locali è di fatto impossibile, essendo la materia in questione di competenza degli stessi enti. Un discorso che però non convince diversi parlamentari. Linda Lanzillotta dell'Api osserva: "Nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini è giusto chiederli a tutti. E poi se ad esempio lasci fuori le Asl rischi che i loro dirigenti prendano più soldi del ragioniere generale dello Stato".

Tagli anche alle società controllate dal Tesoro- Dopo la sforbiciata agli stipendi dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, si agirà su quelli dei dirigenti delle società controllate dal Tesoro. Il termine dei lavori, inizialmente fissato per il 31 marzo, è stato individuato nel 31 maggio. Previsti tagli per diverse società, tra cui Anas, Arcus, Cassa depositi e prestiti, Coni, Consip, Enav, Eur, Fintecna, Gse, Istituto Poligrafico, Zecca dello Stato, Poste italiane, Rai, Sace , Sogei, Sogesid e Sogi. Non verranno toccate, invece, le società quotate in borsa, come Enel, Eni, Finmeccanica Snam Rete Gas e Terna. Probabili esoneri anche per Rai e Ferrovie dello Stato.

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