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Sunniti e sciiti: chi sono e perché non vanno d’accordo

Una diatriba che dura da quasi 1400 anni spiega molte differenze alla radice dei conflitti del mondo arabo-islamico.
A cura di G. L.
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Un sostenitore degli Huthi (sciiti) solleva il fucile durante le proteste contro l'intervento saudita in Yemen (Getty)
Un sostenitore degli Huthi (sciiti) solleva il fucile durante le proteste contro l'intervento saudita in Yemen (Getty)

Spesso quotidiani e notiziari parlano di “sunniti” e “sciiti” per aiutare lettori e ascoltatori a capire quali siano gli "schieramenti" in campo nei vari punti di crisi del Medio Oriente, specie da quando ha avuto inizio la guerra in Siria. Non sempre però le differenze tra le due correnti maggiori dell'Islam risultano chiare né è facile capire perché uno scisma avvenuto più di un millennio fa sia importante ancora oggi. Qui in basso, trovate ciò che è necessario sapere sulla rivalità tra sunniti e sciiti.

La ricostruzione storica e il presente

Storia (breve) dello scisma

La frattura tra sunniti e sciiti inizia ad aprirsi alla morte di Maometto, nel 632 d.C., quando divenne necessario scegliere chi avrebbe dovuto guidare la umma (la comunità dei credenti) la morte del Messaggero di Allah. Per coloro che sarebbero poi diventati gli sciiti (da shi’atu Ali, ossia la “fazione di Alì”), Alì Ibn Alì Talib, cugino e genero di Maometto, avrebbe dovuto succedere al Profeta ma i sunniti (coloro che seguono la "sunna", ossia i comportamenti di vita di Maometto e dei suoi primi seguaci) non lo ritennero adatto e, grazie alla maggioranza numerica, riuscirono ad eleggere Abu Bakr prima, Omar poi e, infine, Othman. Alì divenne califfo, ma soltanto nel 656 e venne spodestato poco tempo dopo la sua elezioni da Muawiya, parente del terzo califfo, Othman, e governatore della Siria, che divenne così il quinto califfo dalla morte di Maometto nonché il capostipite della dinastia degli Omayyadi. Morto Muawiya, suo figlio Yazid ereditò il titolo di Califfo, cosa mai accaduta prima nel mondo islamico. Husayn, figlio di Alì, il califfo spodestato, si rifiutò di riconoscere la legittimità di Yazid, il che lo portò a scontrarsi con le truppe degli omayyadi che uccisero Husayn nella battaglia di Karbala del 680. Da allora, gli sciiti non riconobbero più i califfi eletti dai sunniti e ancora oggi ricordano l'assassinio di Husayn durante le celebrazioni dell'ashura.

La rivalità odierna: non solo Siria

La frattura, mai sopita, ha ripreso corpo soprattutto dopo la Rivoluzione Iraniana del 1979 guidata dall’ayatollah Khomeini (sciita) e la nascita della Repubblica Islamica (la cui popolazione era ed è a maggioranza sciita). Dopo la cacciata dello Shah di Persia, Khomeini tentò di esortare tutti i musulmani, inclusi i sunniti, a ribellarsi contro i governanti filo-occidentali, filo-sovietici e laici per ritrovare l'unità islamica. L'esportazione della rivoluzione non ebbe il successo sperato ma portò la popolazione di diversi Stati musulmani a riflettere sulla legittimità dei propri governi, aprendo la strada alle contestazioni che si trascinano ancora oggi. La rivalità tra le due correnti è incarnata:

  • dalla contrapposizione tra Arabia Saudita (storico alleato degli Stati Uniti) e Iran, spesso fonte di tensioni diplomatiche;
  • dagli attentati settari, quasi quotidiani in Iraq, dove la minoranza sunnita, dopo Saddam, ha dovuto accettare l'elezione di un governo sciita;
  • dalla complessa situazione odierna della Siria, governata da un’oligarchia alauita (corrente sciita) a fronte di una stragrande maggioranza sunnita;
  • dalla difficile convivenza in Libano tra Hezbollah, movimento islamico sciita di ispirazione iraniana, e il resto della popolazione sunnita;
  • dalla guerra per procura combattuta da iraniani e sauditi in Yemen, dove gli Huthi, di fede sciita e sponsorizzati da Teheran, si contrappongono alle tribù sunnite, sostenute da Riyad.

In più di un caso lo scisma è stato tra le principali ragioni di rivolta durante le primavere arabe: esemplare è il caso della repressione dell’esercito saudita in Bahrein. L’invasione dell’Iraq nel 2003 e la caduta di Saddam, dittatore sunnita in un Paese a maggioranza sciita, ha rotto gli equilibri creando uno spazio di manovra sciita nell’area. In sostanza, oggi, l’Iran è impegnato a difendere la “mezzaluna sciita” che va da Teheran a Beirut, passando per Baghdad e Damasco mentre l’Arabia Saudita e le monarchie del golfo, eccetto il Qatar, che segue una politica estera del tutto autonoma, cercano di spezzarla accrescendo la propria influenza nel Medio Oriente. Tuttavia, la rivalità tra sunniti e sciiti non è l'unica ragione delle tensioni del mondo arabo-islamico ma si somma a motivazioni economiche e geopolitiche che spesso si intrecciano con questioni locali.

Le differenze: su cosa non sono d'accordo

Sciiti e sunniti concordano sul fatto che Allah sia l'unico dio e che Maometto sia il suo messaggero. Entrambe le correnti riconoscono i 5 pilastri dell'Islam (testimonianza di fede, digiuno nel mese di ramadan, elemosina canonica, preghiera 5 volte al giorno, pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita) e condividono una prassi religiosa quasi identica ma sono in disaccordo su quale sia il ruolo del Califfo, che rappresenta il successore di Maometto, e su chi possa ottenere l’incarico.

  • Per i sunniti, chiunque sia in possesso delle giuste qualità per guidare la umma può assumere il titolo di Califfo, pur in assenza di particolari meriti religiosi, visto il suo ruolo politico-amministrativo. I sunniti non hanno un clero organizzato: l'imam è un semplice credente che conosce i riti religiosi e dirige la preghiera dei fedeli e gli ulema, coloro che conoscono e interpretano la shari'a, non hanno carattere sacrale. Un imam, dunque, non può esprimersi a nome di tutta la comunità sunnita perché non la rappresenta.
  • Gli sciiti, d'altro canto, ritengono che solo un uomo di fede esemplare possa diventare Califfo, perché quest'ultimo è soprattutto un imam, ossia una guida religiosa che racchiude in sé potere temporale e spirituale. Altro requisito fondamentale per diventare califfo/imam, secondo gli sciiti, è l'essere parenti o discendenti del Profeta. Gli sciiti hanno un clero strutturato in ordini e gradi in cui gli ayatollah (i segnati da Allah) rappresentano il vertice. Nel mondo sciita, per intraprendere la carriera religiosa è necessario compiere studi specifici. Attualmente, per gli sciiti, non esiste una figura che rappresenti la comunità islamica e la stessa Guida Suprema sciita è soltanto un "facente funzioni" in attesa del ritorno del "dodicesimo imam", praticamente un messia.

Mappe e percentuali di sciiti e sunniti nel mondo

Una mappa che mostra la diffusione dei musulmani sunniti, sciiti e ibaditi (Credits to Madhhab_Map2)
Una mappa che mostra la diffusione dei musulmani sunniti, sciiti e ibaditi (Credits to Madhhab_Map2)

Il mondo arabo-islamico abbraccia una larga fetta del pianeta: va dalle coste africane rivolte all’Atlantico alle isole dell’Oceania affacciate sul Pacifico. Circa un miliardo e mezzo di persone al mondo è di fede islamica con una percentuale di sunniti che supera l’85% e una di sciiti pari al 15% circa (ma esiste anche una terza corrente minoritaria, quella ibadita).

  • Gli sciiti sono la maggioranza in Iran, Iraq, Bahrein e Azerbaigian, rappresentano quasi la metà della popolazione del Libano e la loro presenza è minoritaria ma significativa in Kuwait, Siria, Arabia Saudita, Pakistan, Afghanistan e Yemen.
  • I sunniti, con le varie scuole che rientrano in questa corrente, sono quasi la totalità dei musulmani negli Stati africani, nei Balcani e nelle repubbliche dell'Asia Centrale, così come nel sud-est asiatico e in Oceania. Con oltre 200 milioni di abitanti, l’Indonesia è il Paese islamico più popoloso.

Il Califfato dell'Isis

Lo Stato Islamico o Isis professa il salafismo, una forma di sunnismo particolarmente rigida che predica il ritorno all'Islam delle origini e considera miscredenti tutti coloro che non sono salafiti. I seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi, il califfo dello Stato Islamico, ritengono miscredenti tanto gli Iraniani quanto i Sauditi, nonostante i secondi siano i maggiori sostenitori del wahhabismo, una corrente ultraconservatrice dell'Islam sunnita.

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