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Sudan, oltre la condanna a morte, Meriam rischia anche 100 frustate

I legali della 27 enne cattolica, condannata per apostasia, danno l’allarme: “Se entro due settimane non arriverà il nuovo verdetto, sarà eseguita la pena capitale per impiccagione decisa il 15 maggio”.
A cura di Biagio Chiariello
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Non solo la condanna a morte, ma anche 100 frustate. E’ quanto rischia Meriam Yahia Ibrahim, la donna cristiana accusata in Sudan di apostasia. "Meriam potrebbe essere frustata anche se la sentenza non è ancora esecutiva: a lanciare l'allarme sono i suoi avvocati che hanno chiesto tutto l'aiuto possibile per continuare la battaglia legale a difesa della loro assistita", ha spiegato la presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli, sulla pagina Facebook dell'associazione. “Ci hanno detto che, pur avendo presentato un ricorso, se il nuovo verdetto non arrivasse entro due settimane a Meriam saranno inflitte le 100 frustate per adulterio a cui è stata condannata lo scorso 15 maggio" ha specificato la Napoli.  “E' per questo – continua – che rilanciamo la loro richiesta di aiuto a sostenere con piccole donazioni la loro azione affinché possano continuare a pagare le spese legali estremamente onerose in un paese come il Sudan".

Nata la bimba, Meriam rischia 100 frustate

Meriam è in prigione per il reato di apostasia (cioè per l’accusa di aver rinunciato alla religione musulmana in favore di quella cristiana). Ha partorito in cella, dando alla luce una bambina. Alla mamma e alla nascitura però non è stato permesso di tornare a casa. Non hanno nemmeno portato Meriam in un ospedale. E' stata solo trasferita nella clinica del carcere", ha poi raccontato il legale della 27enne al Telegraph. "Né a me, né a suo marito è stato ancora permesso vederle", ha aggiunto. La donna è stata condannata all’impiccagione, ma il tribunale ha deciso di sospendere la pena per due anni dalla data della nascita della bambina. La vicenda ha fatto molto discutere. Ad ogni modo, Meriam verrà sottoposta a un nuovo processo, e sarà la Corte suprema del Sudan ad affrontare il caso.  "Bisogna fare presto e aumentare le pressioni sul governo sudanese. Sia Meriam che suo figlio, hanno raccontato gli avvocati, hanno contratto varie malattie a causa della scarsa igiene in carcere” spiega ancora la presidente di Italians for Darfur.

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