Sudan, speranze per Meriam: “Avrà nuovo processo, esclusa pena di morte”
Ci sarà un nuovo processo per Meriam Yahnia Ibrahim, la donna di 27 anni sudanese incinta e condannata a morte per apostasia. A dirlo riaccendendo le speranze per la 27enne, già madre di un bimbo di un anno e mezzo, è Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur, citando rassicurazioni di avvocati raccolte da Khalid Omer Yousif della Ong Sudan Change Now. Gli avvocati avrebbe avuto rassicurazioni importanti e la nuova sentenza per Meriam, che sarà pronunciata dalla Corte suprema, “non prevederà la pena di morte”. Il pronunciamento dovrebbe arrivare a breve, fra poche settimane. A difesa di Meriam nei giorni scorsi sono scese in campo numerose ambasciate dei Paesi occidentali e organizzazioni in difesa dei diritti civili che ne avevano chiesto l'immediato rilascio. Anche il premier Matteo Renzi, tramite Twitter, si è unito alla campagna per salvare la donna attraverso l’hashtag #meriamdevevivere.
La donna è in carcere con un altro figlio di 20 mesi – Meriam è in carcere da febbraio dopo la denuncia di un parente: è stata condannata a morte perché accusata di aver abbandonato la fede musulmana per quella cristiana. La donna è incinta all'ottavo mese e ha un altro figlio di 20 mesi che è in carcere con lei. L’hanno accusata anche di adulterio (e condannata per questo a 100 frustate) perché il suo matrimonio col marito non è stato riconosciuto valido. Secondo quanto ha riferito alla Cnn il legale della donna, Mohamed Jar Elnabi, Meriam sta anche avendo una gravidanza difficile, ma le autorità hanno respinto la richiesta di trasferirla in un ospedale privato “a causa delle misure di sicurezza”. Anche il bambino della 27enne non sarebbe in ottime condizioni: “Risente del fatto di essere rinchiuso in prigione da così tenera età – ha denunciato l'avvocato – è sempre malato per mancanza di igiene e cimici”. Da parte sua, il marito della donna, Daniel Wani, ha espresso alla Cnn la propria frustrazione: ieri le autorità gli hanno anche impedito di assistere alla lettura della sentenza. L’avvocato ha detto che Wani è su una sedia a rotelle e dipende completamente da lei per ogni aspetto della propria vita.