Pochi mesi fa lo stupro di Firenze monopolizzò le cronache di tutti i giornali nazionali. Due turiste americane denunciarono due carabinieri e li accusarono di averle violentate mentre versavano in stato di incoscienza. Immediatamente, nonostante solo pochi giorni prima le reazioni delle persone al celeberrimo e aberrante stupro di Rimini ad opera di alcuni ragazzi stranieri erano stato diametralmente opposte, per le due turiste di Firenze iniziò un vero e proprio calvario. Illazioni a non finire, colpevolizzazioni a iosa, le vittime che diventano carnefici sia per la stampa che per i commentatori e gli utenti dei social network. I carabinieri vengono difesi da una moltitudine di persone che non credono assolutamente alla versione delle ragazze americane. "Erano ubriache, quindi anche fosse successo se la sono andata a cercare", uno dei commenti più gettonati.
E poi, ancora: "Avevano un'assicurazione contro lo stupro, sicuramente la denuncia fa parte di un piano ben architettato per incastrare due povere vittime e intascarsi i soldi del premio". Peccato che, nonostante inizialmente la notizia dell'esistenza di questa speciale assicurazione fosse stata spacciata per certa dai giornali, si è poi infine scoperto che questa copertura non esisteva affatto così per come era stata descritta, ma faceva parte di un classico pacchetto acquistato da una moltitudine di studenti stranieri in viaggio di studio all'estero. Per giorni, giorni e giorni, le ragazze sono state accusate, vilipese e maltrattate e poi, a un certo punto, quando la notizia "non tirava più" sui social, abbandonate al loro destino.
Nella giornata del 23 novembre, però, complice l'inizio del processo contro i due carabinieri accusati di stupro, la storia della violenza sessuale di Firenze è tornata alla ribalta, nel peggiore dei modi. Gli avvocati difensori dei due militari dell'Arma, che per carità fanno il lavoro che loro compete, hanno presentato ben 250 domande per l'incidente probatorio, molte delle quali non accettate dai giudici titolari del caso perché ritenute degradanti e lesive della dignità della donna. "Avevano le mutandine?", recitava una delle domande scartate, per fortuna, dai giudici. Una domanda che suona come una sorta di stigma, come se gli avvocati volessero suggerire che quelle ragazze tanto sante non erano, che quelle ragazze alla fine erano un po' troppo libertine, delle troie provocatrici.
L'interrogatorio nell'ambito dell'incidente probatorio ha confermato la versione delle due studentesse, ma è durato ben dodici ore filate. Dodici ore di interrogatorio per ricostruire quei venti minuti di violenza sessuale, le due ragazze sono state bombardate di domande che manco un boss di Cosa Nostra. A un certo punto, causa l'intenso stress provocato dall'incidente probatorio, una delle due americane ha anche accusato un malore, finendo quasi per svenire in Aula.
Nessuna scusa da parte degli imputati, secondo l’avvocato Giorgio Carta "i militari sono stati fessi a dare alle studentesse un passaggio in auto ma non le hanno violentate perché loro erano consenzienti, dunque sono innocenti e non devono chiedere scusa". Un consenso che secondo il legale sarebbe stato espresso dalle due vittime incoscienti, come provato dagli esami alcolemici effettuati dai sanitari a ridosso dello stupro. Fa specie che un avvocato – che ripeto, fa il mestiere che gli compete e difende i propri assistiti – arrivi a negare l'evidenza, a negare il fatto che in caso sussista uno stato alterato di coscienza non esista alcun tipo di consenso che tenga.
Insomma, tra interrogatori fiume, domande degradanti che per fortuna non sono state ammesse dai giudici e illazioni sessiste, le due ragazze sembra siano state violentate per l'ennesima volta, questa volta dalla Giustizia italiana.