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Stupro all’Aquila: il militare accusato condivide la cella con Salvatore Parolisi

Due militari accomunati dallo stesso destino: Francesco Tuccia e Salvatore Parolisi sono detenuti nella stessa cella. L’ex caporalmaggiore accusato di aver ucciso sua moglie, Melania Rea, condivide la cella con il militare 21enne di Avellino, in galera per la brutale violenza avvenuta a L’Aquila.
A cura di Carmine Della Pia
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Francesco Tuccia

Il militare 21enne accusato di aver violentato una ragazza fuori da una discoteca in provincia de L'Aquila è in cella con Salvatore Parolisi. Due casi accomunati da più elementi, in primis l'efferatezza dei crimini di cui sono accusati. Entrambi, poi, erano militari, per cui è stato opportuno rinchiuderli in un reparto di maggiore protezione. Parolisi è accusato dell'omicidio della moglie Melania Rea, morta il 18 aprile del 2011, mentre Francesco Tuccia, 21enne originario di Avellino, è accusato di violenza sessuale e tentato omicidio per i fatti avvenuti lo scorso 11 febbraio. Una ventenne era stata ritrovata nel parcheggio della discoteca ‘Guernica', a Pizzoli, in provincia de L'Aquila: la studentessa era seminuda e priva di coscienza.Solo l'aiuto tempestivo dei buttafuori ha evitato il peggio, perchè il corpo era stato ritrovato tra la neve, e la giovane rischiava di morire per ipotermia. I due "detenuti eccellenti" sono rinchiusi nel carcere di Castrogno a Teramo.

Una violenza brutale a Pizzoli – Ad accomunare Francesco Tuccia e Salvatore Parolisi, un'altra coincidenza: il gip Giuseppe Romano Gargarella, lo stesso che ha negato la libertà al caporalmaggiore al tribunale del riesame, fisserà l'interrogatorio di garanzia per Tuccia. Sarà l'avvocato Alberico Villani ad assistere il ragazzo, definito autore di una violenza senza scrupoli. Il procuratore capo della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini, ha spiegato: "Nello stupro è stato utilizzato uno strumento metallico, di ferro". Il gip, poi, ha così motivato la scelta della custodia cautelare: "L'estrema brutalità dimostrata nell'azione, la crudeltà usata, la totale mancanza di scrupolo nel lasciare la ragazza massacrata esposta alla morte per gelo o dissanguamento pone la pericolità sociale dell'indagato ai massimo livelli e fa concludere che nessuna misura cautelare oltre la custodia in carcere possa essere minimamente idonea a ovviare alle esigenze cautelari esistenti e in particolare al pericolo della reiterazione di ulteriori reati della spessa specie". Come sottolineato dal consulente tecnico del pm David Mancini, la ragazza ha rischiato la morte, sia per le ferite riportate, sia per le condizioni ambientali in cui era stata abbandonata.

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