Wine and web, anche il vino diventa social

La comunicazione del mondo del vino si rinnova attraverso il web e i canali social, rimettendo al centro di questo prodotto la dimensione sociale. Del vino si discute e sulle cantine si commenta: il passaparola e la condivisione funzionano, e garantiscono la visibilità ai grandi produttori ma anche ai più piccoli e ai meno sconosciuti.
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Colore rosso rubino intenso, note floreali intense​ ​persistenti.​ ​Degustare un buon bicchiere di vino non è una cosa semplice: vanno affinate le doti gustative e olfattive, vanno studiati la provenienza, i vitigni e i metodi di vinificazione. Insomma, tanta cultura e anche tanto talento: ci vogliono anni per diventare esperti e in pochissimi diventano dei veri e propri “guru del calice”. Il resto del mondo è fatto da wine lover che possiedono soprattutto la voglia di bere in compagnia e di conoscere ciò che sta dietro – e non propriamente dentro – a un bicchiere di vino.

Wine lover e "wine vip"

É questo che sta modificando il mondo del vino e della comunicazione: quello che c'è dentro a un calice è fruibile da tutti. Il vino gira per enoteche e ristoranti e tutti possono sentirne il profumo e la consistenza, senza saperla identificare né descrivere ma godendone pienamente. É puro piacere per la maggior parte di noi, mentre diventa tecnica e conoscenza ​solo​ per alcuni. Proprio per questo sta cambiando il modo di raccontare il vino grazie anche ad alcuni "wine vip" che stanno rivoluzionando il modo in cui viene comunicato. Tra questi troviamo Luca Gardini e Andrea Gori, scelti insieme a Alessandro Pipero come ambasciatori di una rivoluzione che coinvolge anche i produttori, nella quale il vino inizia a uscire da cantine esclusive destinate a pochi eletti e diventa una bevanda "social", una bevanda di cui si parla e nel contempo un’ambrosia che aggrega, per il puro piacere di stare insieme. Una bevanda trasversale nata per i palati di tutti e non di pochi eletti.

Il sommelier oggi? Colui che lascia parlare il vino

Lo sostiene anche Luca Gardini, già miglior sommelier al mondo nel 2010, figlio d’arte e​ ​cresciuto, come lui sostiene, con il Sangiovese nel biberon. Dotato di tutto ciò che un sommelier possa desiderare – naso e palato incredibili, simpatia, istinto e grande passione – fa parte della ristretta cerchia dei migliori al mondo, eppure la sua parlata romagnola, che trasmette passione e amore, racconta di un approccio al mondo del vino ​inclusivo​: “Il vino va bevuto – afferma Gardini –, il vino è semplicità è emozione e sensibilità. Dopo c'è la tecnica. Il vino, pregiato o non pregiato viene dalla terra e va rispettato, come va rispettato il palato di ciascuno, i suoi gusti e le sue preferenze”. Lo stile un po' dissacrante ce l'ha nel sangue e con questo mood ha cercato di rinnovare il mestiere del sommelier. Gardini insegna a togliere la rigida divisa inamidata del sommelier, a fruire direttamente del vino e a lanciarlo nella dimensione 4.0. Iniziare a comunicare bene investendo nel digitale, ma lasciando parlare il vino. Il sommelier è colui che comunica il vino: il vino parla attraverso le parole di chi lo conosce, ma solo lui è il vero protagonista.

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Il vino di oggi, tra il digitale e lo storytelling

Una posizione simile è quella di Andrea Gori, biologo di formazione con la passione per l'informatica e il vino, che ha potuto coltivare nella trattoria fiorentina di famiglia (​Da Burde)​. Gori ha unito entrambe le passioni nella figura del “sommelier informatico”. In pratica, si occupa di traghettare il vino nel futuro. La chiave di volta dei cambiamenti in atto è – neppure a dirlo – la comunicazione digitale. Questa è in grado di determinare il successo di un vino non solo attraverso la creazione delle cosiddette bolle mediatiche. Grazie al passaparola sui social, ai movimenti di nicchia e alle piccole community che stimolano discussioni e anche l'acquisto, persino i vini sconosciuti possono avere successo. In genere sono le piccole scuole, i vini cosiddetti naturali e non necessariamente certificati, dove prevale l'originalità e l'uscita dagli schemi dell'enologia degli ultimi anni, a essere attrattivi per i consumatori che, appunto, si riconoscono in questi vini “ribelli”. Ma il mondo della comunicazione interessa anche i grandi produttori che scelgono strade diverse ed efficaci come quella del ricorso agli influencer. A innovare il mondo delle etichette ci pensa anche il consumatore: non bastano le caratteristiche organolettiche e non basta che un vino venga acclamato dalla critica di settore. Alla gente piace visitare il casale e la vigna origine del prodotto, piace il racconto di ciò che sta dietro a un vino, a una famiglia, a una cantina. Vince la storia raccontata da chi il vino lo produce o lo beve, vince la condivisione digitale.

Il vino più social? Tavernello

Uno dei vini più “social”, sia per produzione che per fruizione, è proprio il Tavernello. Famoso in Italia e ambasciatore del Made in Italy nei​ ​mercati mondiali, riunisce circa 30 cantine sociali che rappresentano il lavoro di 12.500 viticoltori e una superficie di 35.000 ettari. L'ampiezza dell'area e le numerose cantine sociali danno l'idea di questo fenomeno di successo che porta il cappello del Gruppo Caviro, capace di realizzare un'idea imprenditoriale in grado di parlare a tutti. Come sostiene Gardini, Tavernello è un "vino pulito, unico nella sua tipologia". Viene realizzato con cura grazie alla selezione di 7 milioni di quintali di uve che vengono portate sulle tavole degli italiani e del mondo dopo un'attenta lavorazione. Il successo della sua produzione è tangibile: per questo Tavernello sembra essere un vino "democratico", capace di entrare nelle case di milioni di persone e portare il gusto e il piacere di stare insieme.

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