Regali di Natale, ecco a chi dobbiamo dire veramente ‘grazie’

Ringraziate il parente, ma non solo lui. Dietro a quel pacco ben confezionato non c’è solo il commerciante, ma il mondo intero. E a volte fa paura.
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A cura di Redazione
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“Grazie” al parente, all’amico e al partner, “grazie” per il regalo che speravamo tanto di ricevere e “grazie” anche per quello brutto che facciamo finta ci piaccia tanto: siamo cortesi e poi “a caval donato non si guarda in bocca”. Ma non siamo solo in due, non siamo solo tu ed io, chi regala e chi riceve. Al rito natalizio dell’Albero illuminato e dei doni sparpagliati sulla base di metallo ci sono degli invitati che non si vedono. Ma ci sono e che per notare dovete avere la pazienza di fare un percorso all’inverso: il regalo, da quale commerciante viene, e poi da quale grossista, quale azienda l’ha commercializzato e quale lavoratore l’ha prodotto. Eccolo: al rito ora partecipa il raccoglitore di cotone, l’operaio nell’industria di giocattoli e il minatore di dieci anni.

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Grazie ai popoli africani

Regalo di Natale: gioielli, scatola di cioccolatini, abiti.

Dall’Africa il mercato globale non pretende industria. Gli bastano le materie prime, quelle in superficie e quelle nel sottosuolo. Ciò che mangiamo tutti i giorni spesso viene dal Continente Nero, ma anche alcuni di quegli alimenti che associamo alle occasioni passano per l’Africa. Quanto può essere invitante una scatola di cioccolatini e, soprattutto, che c’entrano i popoli africani? Ebbene, il 70% della produzione mondiale di cacao viene dall’Africa. L’organizzazione non governativa International Labor Rights Forum ha condannato la violazione dei diritti dei lavoratori e l’impiego massiccio di lavoro minorile in diverse piantagioni in Costa d’Avorio, Mali, Benin, Togo, Ghana, Nigeria, Camerun e Burkina Faso. I bambini tra i 5 e i 15 anni impiegati in tale attività sono più di 200.000 e lavorano per pochi soldi, se non gratuitamente, vengono maltrattati e malnutriti e talvolta rinchiusi in baracche. Successivamente un interessante documentario di Miki Mistrati e Roberto Romano ha contribuito ad avvalorare il rapporto dell’Ong con l’uso di immagini. Ne è nato “The dark side of chocolate”, video sottotitolato in italiano e visibile in alto.

Lo schiavismo e lo sfruttamento del lavoro, che dai tempi del primo colonialismo si è stretto intorno all’Africa come una corda al collo, è purtroppo un fenomeno ancora presente. I governi nazionali non devono sacrificare i diritti delle popolazioni locali pur di attrarre investimenti dai paesi occidentali. Tutti i settori commercialmente importanti, dall’agricoltura allo sfruttamento delle risorse minerarie ed energetiche devono essere gestiti nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei minori.

Grazie ai popoli orientali

Regalo di Natale: giocattoli, smartphone, televisori, tablet.

La Cina rappresenta l’esempio più noto dell’Oriente che cresce grazie al basso costo del lavoro e un rispetto dei diritti dei lavoratori non sempre garantito. A beneficiare di tale situazione, oltre all’economia cinese, sono aziende soprattutto occidentali che hanno delocalizzato in Oriente la propria produzione. Il “Made in China” è una scritta che troviamo impressa sulla maggior parte dei nostri apparecchi elettronici per il semplice motivo che produrre in Oriente conviene.

Smartphone, personal computer e tablet rispondono spesso al desiderio di diporto degli adulti. E i giochi per i bambini? Non cambia nulla: sotto alla base di plastica di questa bambola o della riproduzione di quel super-eroe troverete non di rado “Made in China”, “Taiwan”, “Thailandia” o altro paese orientale. Secondo l’ONG China Labor Watch, in molte fabbriche di giocattoli non sono garantiti requisiti di sicurezza e controlli sanitari e a volte mancano persino i contratti. Gli straordinari possono arrivare a 120 ore mensili, laddove il massimo dovrebbe essere per legge di 36 ore. Un operaio cinese di un’industria di giocattoli, lavorando 12 ore al giorno per sei giorni a settimana, guadagna in media 390 euro al mese.

Grazie ai popoli dell'Europa dell'Est

Regalo di Natale: abbigliamento, anche di alta moda.

La delocalizzazione nell’Europa dell’Est, dai Balcani alle ex repubbliche sovietiche, è una realtà che noi italiani conosciamo bene. Le politiche delle aziende che decidono di spostare la produzione in paesi con livelli salariali più bassi deve rispettare i diritti dei lavoratori locali in toto, non solo, quindi, da un punto di vista retributivo ma anche garantendo la tutela della maternità, della salute dei lavoratori e il mancato impiego di manodopera minorile.

Che fare nella vita di tutti i giorni?

Regalo di Natale: qualsiasi prodotto attento alla qualità, beneficenza, Lista dei desideri di Save the Children.

Sappiamo bene che i popoli interessati da schiavismo, povertà e sfruttamento minorile sono molti di più di quelli elencati. Sappiamo anche che le difficoltà economiche hanno esteso tali condizioni di lavoro ad alcune aree ed etnie dell'Occidente "ricco", sia precarizzando legalmente il lavoro, sia estendendo quello sommerso. Anche a loro diciamo "grazie". Eppure popoli, lavoratori singoli e bambini della nostra riconoscenza se ne fanno ben poco.

Non proponiamo lo sciopero del Natale, non suggeriamo di rinunciare alla tecnologia, né tantomeno di non regalare nulla ai nostri bambini. Basterebbe far seguire una condotta alle informazioni acquisite. Regolarsi di conseguenza, insomma, e non alimentare il nuovo schiavismo con i propri soldi. Chi può concedere alla propria prole il lusso di una marea di giocattoli dovrebbe probabilmente limitarsi a pochi ma buoni. La qualità contro la quantità è una buona regola e vale sempre. Si potrebbe pensare all'alternativa, al regalo che fa passare il messaggio, oltre agli auguri. Un regalo scelto dalla Lista dei desideri di Save the Children, ad esempio, è un modo per poter dare il proprio sostegno a chi ne ha bisogno e per dire al vostro caro che, sì, avete pensato a lui e che è con lui che darai un messaggio di speranza a chi, nel mercato globalizzato, vi è precipitato senza coordinate, strumenti né garanzie.

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