Liberiamoci dell’inquinamento da plastica
Sul tavolo del Museo della Scienza di Valencia giace una ciotola, che assomiglia a quella dei cereali che si mangiano a colazione: è piena di palline di microplastica che stanno a testimoniare quanta plastica ingeriamo all’anno. La sensazione di fastidio che si prova nel vedere questa ciotola è davvero forte, tanto che, nonostante gli innumerevoli stimoli divertenti e diversi che si vivono in quel Museo, si esce con l’amaro in bocca e la consapevolezza che se non cambiamo qualcosa, la plastica ci seppellirà tutti.
Plastiche e microplastiche: il negoziato ad Ottawa
Secondo uno Studio dell'Università di Newcastle, sembra che ogni settimana ingeriamo circa 5 grammi di microplastiche, che equivalgono a circa una carta di credito! Non poco. Tutto questo senza tener conto della plastica di dimensione più grande che girovaga per terra e per mare. Ogni anno sono oltre 400 milioni le tonnellate di plastica vergine che vengono prodotte nel mondo: il 60% di queste è destinato al monouso, ossia a diventare rifiuto immediato e, se non gestito correttamente, si rischia di aumentare la loro dispersione in ambiente. Peccato che a livello mondiale il riciclo della plastica sia fermo al 9%. Troppo poco, i cittadini ne sono consapevoli e richiedono che si faccia qualcosa in merito. Secondo un sondaggio Ipsos commissionato da WWF e dalla Plastic Free Foundation e condotto su oltre 24.000 persone in 32 Paesi, tra i quali l’Italia, una media dell’85% delle persone intervistate ritiene che un Trattato globale sull’inquinamento da plastica dovrebbe vietare la plastica monouso, che oggi è responsabile di oltre il 70% dell’inquinamento da plastica negli oceani. La speranza che alcune misure vengano prese al più presto potrebbe diventare molto concreta: proprio in questi giorni, si è tenuto a Ottawa, in Canada, il quarto e penultimo negoziato sul Trattato sull’inquinamento da plastica (INC-4), che si spera possa mettere un altro tassello per normare l’uso e il riuso della plastica.
Il Mediterraneo uno dei mari più a rischio e il progetto “Plastic Smart Cities”
A comprendere appieno i rischi della dispersione della plastica sono soprattutto le città di mare. Vedere galleggiare bottiglie di plastica dà fastidio, immaginare ciò che c’è sotto la superficie, ancora peggio. Nel Mar Mediterraneo finiscono ogni anno 229 mila tonnellate di plastica e vi si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità marine. Le microplastiche derivano dalla frammentazione e degradazione dei rifiuti di plastica abbandonati, dall’immissione diretta nell’ambiente da parte dei prodotti che le contengono (come i detersivi e cosmetici), dal lavaggio di tessuti sintetici, dall’abrasione degli pneumatici che, dalle città, attraverso le strade d’acqua dolce finiscono in mare. Esiste una mappa che traccia questo lungo viaggio inquinante. E proprio una delle città più belle e visitate del mondo, Venezia, consapevole di questo inquinamento e della fragilità dei suoi ecosistemi, grazie al supporto della Fondazione Blue Planet Virginia Böger, ha aderito nel 2021 a “Plastic Smart Cities”, un’iniziativa globale del WWF che vuole far riflettere sulla gestione e il ciclo della plastica: l’idea è quella di promuovere le buone pratiche da applicare in ogni città del mondo volte a prevenire, ridurre al minimo e gestire l’uso della plastica sia come risorsa, sia come rifiuto, supportando così la transizione verso un’economia circolare.
Turismo Plastic Smart: si può fare
Non è facile ridurre e gestire al meglio la plastica in una città a grande vocazione turistica. Il turismo è uno degli elementi che moltiplicano la produzione di rifiuti di plastica: sembra che durante i periodi di alta stagione l’aumento della popolazione lungo le coste del Mediterraneo porti a un incremento fino al 30% della produzione di rifiuti. Questo ha degli effetti sulla gestione dei rifiuti in generale, e di quelli marini in particolare: il rischio dispersione, infatti, aumenta a dismisura tanto che sembra che i rifiuti marini aumentino anche del 40% a ridosso delle coste. È ovvio che il rifiuto rende meno piacevole il soggiorno ritorcendosi contro l’industria del turismo, portando un danno quantificato in circa 268 milioni di euro l’anno. Per questo, Venezia ha incluso tra le attività del suo piano d’azione anche quella di sensibilizzare, con il supporto del WWF e del Gruppo Veritas, le strutture ricettive a prevenire e ridurre la plastica monouso e non necessaria attraverso la realizzazione della brochure “Venezia Turismo Plastic Smart”, illustrata da Fernando Cobelo e rivolta agli albergatori, ma anche a tutti colori che a vario titolo ospitano turisti in città. Una brochure pragmatica, una guida che vuole sensibilizzare, vero, ma soprattutto consigliare concretamente quali scelte adottare per vincere una sfida difficile ma possibile: ridurre la propria impronta di plastica. Si parla di esaminare ogni settore della propria attività, quantificando quanta plastica “si immette in circolo” non solo destinata ai turisti (bicchieri, bottigliette, etc), ma anche destinata alla pulizia, agli imballaggi per alimenti etc. A partire da questi dati ci si può attivare per ridurre dove non serve, riciclare dove è impossibile ridurre o scegliere soluzioni alternative riutilizzabili o compostabili.