Le 6 azioni quotidiane che altrove sono da galera
Ogni azione ha una conseguenza. Almeno, è questo quello che ci hanno insegnato sin da bambini. Ci sono, tuttavia, alcuni gesti che sono ormai entrati a far parte della nostra vita quotidiana da diventare un’abitudine a cui non facciamo più caso, senza interessarci dell’uragano di reazioni che potrebbero scatenare. Eppure, non tutti sanno che proprio i gesti che consideriamo ‘normali’ altrove nel mondo non soltanto sono vietati dalla legge ma sono addirittura puniti con il carcere. Qualche esempio? Condividere post sui social network, andare in bicicletta e masticare un chewing gum. Ecco, allora, almeno sei azioni giornaliere che in altri angoli del pianeta sono da galera.
Condividere sui social network in Ciad
Pubblicare sull’account personale Facebook o Twitter il proprio pensiero può costare caro in alcuni paesi, come il Ciad. Addirittura, come nel caso di Tadjadine Mahamat Babouri, padre di 7 bambini e meglio conosciuto come Mahadine, può portare all’ergastolo. Mahadine, attivista digitale dei diritti umani, ha condiviso sui social network un video di protesta contro il suo governo, ma è stato fermato, picchiato e incatenato. In carcere ha anche contratto la tubercolosi e ha bisogno di cure mediche urgenti. Se anche tu vuoi dare il tuo contributo firma il suo appello ora e partecipa alla maratona di Amnesty International Write for rights. C’è tempo fino al 22 dicembre.
Andare in bicicletta in Iran
Per le donne iraniane andare in bicicletta può essere molto pericoloso. In realtà, non esiste in questo Paese una legge che vieti ufficialmente questo mezzo di trasporto per le signore, ma c’è un divieto non scritto dettato dalla morale islamica. Per i leader religiosi, infatti, le donne su due ruote rappresentano una minaccia in questo senso. Esempio ne è stato l’arresto di alcune ragazze nel luglio del 2016 che volevano partecipare a un evento di ciclismo nella città di Marivan e che sono state liberate solo dopo aver sottoscritto un impegno a non violare più questa consuetudine. Sempre nello stesso anno Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana, aveva lanciato una fatwa affermando che le donne erano autorizzate ad andare in bicicletta, ma non in pubblico, soprattutto nei centri più piccoli, dove è impedito loro persino di prenderle in affitto.
Masticare chewing gum a Singapore
A Singapore ci sono tantissimi divieti, ma uno in particolare può mettervi nei guai. Qui infatti non si possono consumare le gomme da masticare. Ne è interdetta persino la vendita e l’importazione. Chi trasgredisce non solo deve pagare una multa salata, ma rischia addirittura la reclusione in carcere. Il motivo? Tutelare la pulizia delle strade proibendo l’uso di chewing gum appiccicosi. La legge risale al 1992 quando questi furono utilizzati per sabotare i mezzi pubblici. Dal 2004 la normativa è stata rivista e ammorbidita, concedendone l’uso solo a chi ha una specifica prescrizione, come chi vuole smettere di fumare.
Indossare blue jeans in Corea del Nord
Da anni i blue jeans rappresentano uno dei capi d’abbigliamento più amati da grandi e bambini in tutto il mondo. Eppure, in Corea del Nord, chiunque decida di indossarli dovrà fare i conti con una legge, varata nel 2016, che prevede, per chi trasgredisce, il trasferimento nei campi di lavoro per i dissidenti di Pyongyang. Si tratta, evidentemente, di un tentativo da parte del dittatore Kim Jong-un di limitare la diffusione dello stile occidentale nel suo Paese, dal momento che il denim è uno dei simboli per eccellenza dell’America nemica e capitalista.
Fare jogging di gruppo in Burundi
In Burundi nel 2014 il presidente Pierre Nkurunziza ha vietato pubblicamente il jogging di gruppo. Il motivo? Il numero uno del paese africano, in seguito a violenti conflitti etnici verificatisi nell’ultimo decennio, ha sostenuto che questa pratica era stata usata come copertura per pianificare attività sovversive contro il governo. In altre parole, i cittadini si sarebbero organizzati per andare a correre con l’unico obiettivo di rovesciare l’ordine politico esistente. Chi trasgredisce, può finire in carcere. Nessun problema, invece, per i runner solitari.
Cercare i propri cari scomparsi in Egitto
In Egitto non è consentito cercare i propri cari che sono scomparsi in seguito alle agitazioni di piazza che hanno segnato la Primavera Araba. Lo sa bene Hanan Badr el-Din che ha visto per l’ultima volta suo marito in tv, su un letto di ospedale. Da allora Hanan lo ha cercato ovunque e ha anche fondato un’associazione, quella delle “Famiglie degli scomparsi in Egitto”, ma proprio per questo è stata arrestata. Ora rischia fino a 5 anni di prigione. Per far sì che possa continuare il suo impegno e ritrovare l’amore della sua vita, anche tu puoi dare un importante contributo, firmando il suo appello nella maratona di firme di Amnesty International “Write for Rights”.