Contro la violenza sulle donne bisogna ripartire dalla scuola


L'Italia è uno dei pochi paesi europei a non aver inserito nei programmi scolastici l'educazione alla sessualità e alle relazioni. Per fare un rapido confronto basti pensare che in Germania la materia è obbligatoria fin dal 1965, e in Svezia ancora prima, si parla del 1955. Nel nostro Paese ci si scontra da decenni sui pro e i contro, ma al di là delle proprie posizioni religiose e politiche, non si può trascurare un fatto: ragazzi e ragazze hanno bisogno di una guida anche quando si tratta di sentimenti, e se le risposte ai loro dubbi non le trovano a casa o a scuola, allora molto spesso ricorrono a internet. Il tema non è trascurabile, visto che al contempo l'Italia si classifica tra i primi posti nella classifica dei Paesi con il più alto numero di femminicidi.
La violenza di genere è un problema sistemico con radici culturali profonde, e allora perché non iniziare a sradicarlo ripartendo dalla formazione? Nell'infanzia impariamo a relazionarci con i pari e al tempo stesso assorbiamo i primi condizionamenti culturali, in adolescenza esploriamo sentimenti più profondi e facciamo i conti con nuove fragilità, ecco che incanalare le emozioni verso rapporti positivi che non sfocino in relazioni di potere diventa cruciale per raggiungere l'uguaglianza, e prevenire la violenza sulle donne. Psicologi, pedagoghi e organizzazioni sono convinti che l'educazione all'affettività debba arrivare anche sui banchi delle nostre scuole, tuttavia nonostante le 16 proposte di legge presentate negli ultimi cinquant'anni, non si è mai arrivati a una risposta chiara e univoca da parte delle istituzioni.
Il sentiment dei genitori è però in larga parte favorevole, a raccontarlo è l'indagine “La scuola degli affetti”, un survey sull’educazione alle relazioni svolta dall’Ufficio Studi di Coop in collaborazione con Nomisma. Dai dati emerge che il 70% degli italiani pensa che l'affettività debba diventare materia obbligatoria, e che 9 italiani su 10 sono convinti che l'insegnamento possa davvero prevenire fenomeni di odio, emarginazione e violenza di genere. A trattare gli argomenti, così seri e delicati, devono essere sicuramente degli esperti esterni come psicologi o pedagogisti, lo pensano il 68% degli intervistati, ma secondo il 51% possono essere utili anche dei programmi di formazione specialistica agli insegnanti. In famiglia non mancano i tabù, soprattutto per quanto riguarda la corretta informazione sessuale. Il 44% degli italiani dice di parlare spesso con i figli di rapporti interpersonali, ma solo il 21% si interessa delle loro relazioni di coppia, e il 19% di sessualità. Dati che non stupiscono, ma che dovrebbero farci riflettere.
Quest'indagine si inserisce nel più ampio progetto “Close the Gap”, l'iniziativa Coop che da cinque anni si impegna per combattere le disparità in ogni ambito: tampon tax, sostegno alla comunità LGBTQIA+ o congedo di paternità, sono tante le battaglie a cui ha preso parte l'azienda. L'agenda di quest'anno si concentra sul ruolo dell'istruzione come strumento di prevenzione. Con la campagna “DIRE, FARE, AMARE”, Coop vuole infatti sottolineare quanto sia importante per ragazzi e ragazze imparare a riconoscere ed esprimere i propri sentimenti, per sviluppare un linguaggio emotivo pieno e sfaccettato. È solo imparando le parole delle emozioni, infatti, che possiamo affrontare la vita con consapevolezza e responsabilità, e anche in questo la scuola deve rappresentare un punto fermo.