Strage al liceo, killer affiliato a suprematisti. Trump tace sulle armi: “Era disturbato”
Nikolas Cruz, il killer diciannovenne del liceo di Parkland, faceva parte di un gruppo locale di suprematisti bianchi. A renderlo noto un membro del gruppo, il “Republic of Florida” (Rof). Jordan Jereb, che sarebbe il capo del Rof, ha detto che il giovane è stato portato nell’organizzazione da un altro membro e che ha partecipato a una o più esercitazioni organizzate nell’area di Tallahassee. Il Rof si descrive come “un’organizzazione per i diritti civili dei bianchi” che si batte per creare “uno Stato bianco” in Florida. In queste ore, mentre si piangono le diciassette vittime del liceo della Florida, emergono sempre maggiori dettagli sul killer. “A me sembrava proprio uno che avrebbe potuto fare una strage nella scuola”, il commento di una studentessa scampata alla strage. Un ragazzo, ex studente espulso da quella scuola, diventato col tempo sempre più strano, che pubblicava sui social continuamente foto di armi e animali da lui uccisi. Immagini e frasi definite “inquietanti” dagli investigatori.
Dopo la strage al liceo è anche emerso che a settembre all'Fbi arrivò la segnalazione che su YouTube Cruz aveva postato un commento che ora suona particolarmente agghiacciante: “Diventerò un killer di scuole professionista”. E ancora si è saputo che Cruz, che in passato si era sottoposto a cure psichiatriche, avrebbe acquistato legalmente il fucile automatico Ar-15 usato per la strage. Lo avrebbe acquistato lo scorso anno, passando i controlli dei precedenti penali ed eventuali altri problemi che i rivenditori d'armi sono tenuti a fare. Oggi l’ex studente è comparso in tribunale dove gli sono stati contestati 17 capi di imputazione per omicidio premeditato. Il giudice ha deciso che verrà detenuto senza possibilità di cauzione.
Il problema delle armi negli Stati Uniti: Trump non ne parla
Il presidente americano ha commentato, su Twitter e con un messaggio alla nazione, l’ennesima strage in una scuola. Tra le tante cose Trump ha detto di voler rendere le scuole più sicure, di dover “cambiare la cultura americana affinché abbracci la vita”, ma in diretta tv non ha fatto alcun riferimento alla controversa questione del facile accesso alle armi nel Paese. Mai ha usato le parole “armi da fuoco” per descrivere le azioni del killer che ha ucciso diciassette persone con un fucile legalmente detenuto. “Oggi parlo a una nazione che soffre. Ieri una scuola piena di ragazzi innocenti e insegnanti premurosi è diventata la scena di terribile violenza, odio e malvagità. La nostra nazione, con il cuore pieno di dolore, prega per le vittime e per le loro famiglie”, ha detto il Presidente, dicendosi disponibile a fare qualsiasi cosa per alleviare il dolore delle vittime e affermando che nessuno dovrebbe essere in pericolo in una scuola americana.
Poco dopo la strage Trump aveva scritto un primo tweet inviando alle famiglie coinvolte le sue “preghiere e condoglianze” e a quel messaggio, come riportato dai media statunitensi, ha risposto tra i tanti una presunta studentessa, che dice di chiamarsi Sarah: “Non so cosa farmene delle tue preghiere, fottuto pezzo di m., piuttosto fai qualcosa contro la diffusione delle armi, l'unica cosa che potrebbe fermare il ripetersi di queste stragi”. Il tweet è poi diventato virale. Sempre su Twitter Trump ha parlato anche del killer: “Ci sono tanti segnali – ha scritto – che confermano che l'assassino della Florida era mentalmente disturbato, perfino espulso dalla scuola per condotta cattiva e incostante. I suoi vicini e i suoi compagni di classe sapevano che era un grande problema. Bisogna segnalare sempre questi casi alle autorità”.
Se l'ennesima strage in una scuola non spinge Trump ad affrontare il tema dell'accesso facile alle armi, a rilanciare la questione è l'ex inquilino della Casa Bianca, Barack Obama. "Siamo addolorati per quanto accaduto a Parkland, ma non siamo impotenti", ha scritto Obama su Twitter rilanciando la necessità di una stretta sulle armi da fuoco e invocando “le tanto agognate leggi di buon senso che la maggior parte degli americani vogliono”.