Luigi è un bambino taciturno, ombroso, a volte inspiegabilmente aggressivo. Il suo comportamento appare preoccupante agli educatori dell'orfanotrofio che lo ha accolto dai primi anni di vita. Nessuno sa cosa lo tormenti, ma una cosa è chiara: quel bambino ha guardato dentro l'abisso. L'unica speranza è che una famiglia lo accolga strappandolo per sempre al male che si porta dentro. Sarà così: Ermanno, medico e Giacoma, insegnante, lo adottarono e lo portarono a vivere nella loro casa a pochi chilometri da Foligno, lontano dalla solitudine e dalla tristezza. Il male, però, non rimane nel lettino con la biancheria lisa dell'istituto per minori. Il male segue Luigi nella sua nuova, accogliente, casa.
Storia di Luigi Chiatti
Per capire la storia di Luigi Chiatti bisogna fare un passo indietro. Nasce come Antonio nel 1972, a Narni, in Umbria. Sua madre è Marisa Rossi, una 24enne che per guadagnarsi da vivere fa la cameriera. La giovane si rende conto prestissimo di non essere in grado di prendersi cura del figlio e decide così di affidarlo a una struttura per minori. È tra quelle mura che il piccolo Antonio incontra il male e il male indossa l'abito talare. Antonio verrà abusato sessualmente da un prete fino all'età di sei anni, quando, finalmente, si presenta la prospettiva dell'adozione. I coniugi Chiatti gli danno stabilità, cure, affetto, ma il piccolo Antonio – cui daranno il nome di Luigi – non riuscirà mai a sviluppare un normale attaccamento alla coppia. Dopo un'infanzia segnata dalla solitudine, nel 1987, ormai diciottenne, prende il diploma di geometra e trova un lavoro. La sua vita sembra aver preso una piega stabile, ma resta inquieto. Luigi nasconde un inconfessabile segreto: è attratto irresistibilmente dai bambini. Il desiderio comincia a tradursi in propositi violenti fino al 4 ottobre del 1992. Quel giorno Luigi mette gli occhi su Simone, quattro anni e mezzo, che scompare nel nulla nella campagna fra Foligno e Bevagna.
Il Mostro di Foligno
Casale, paesello a pochi chilometri da Foligno, si mobilità per ritrovarlo. Lo si cerca dappertutto, le autorità fanno un appello in TV esortando chiunque avesse notizie del sequestro a presentarsi. Ma appare evidente sin da subito che si tratta di un crimine a sfondo sessuale. Le speranze di ritrovare Simone vivo, nonostante tutto, non si spengono. A sorpresa, Stefano, un giovane agente immobiliare milanese si autodenuncia: appare chiaro ben presto che si tratta di un mitomane. Poche ore dopo, infatti, in una cabina telefonica di Foligno, viene trovato un biglietto scritto in stampatello con il normografo: Aiuto! Aiutatemi per favore. Il 4 ottobre ho commesso un omicidio. Sono pentito ora, anche se so che non mi fermerò qui. Il corpo di Simone si torva vicino la strada che collega Casale e Scopoli. È nudo e non ha l'orologio con il cinturino nero e quadrante bianco. P.s.: Non cercate le impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei guanti. Saluti, al prossimo omicidio, il mostro. Il dettaglio dell'orologio, mai diffuso dai media, è la macabra conferma della veridicità di quel messaggio. Tra Casale e Scopoli le forze dell'ordine troveranno il corpo nudo del piccolo.
L'omicidio di Simone Allegretti
Simone Allegretti è la prima vittima di quello che verrà i media additano come "Il mostro di Foligno", una definizione che lusinga il fragile ego di Luigi, tanto da spingerlo a rivendicare l'omicidio e a stabilire un rapporto con le autorità, facendo addirittura ritrovare il corpo. Luigi aveva attirato il bimbo con un pretesto, lo aveva portato a casa, lo aveva fatto spogliare e poi aveva cominciato a toccarlo. A quel punto il bimbo era scoppiato in lacrime. Indispettito dalla reazione, Luigi gli aveva schiacciato una mano sul visino, riducendolo al silenzio. Credendolo morto aveva poi pensato di abbandonare il corpo sul ciglio di una strada di campagna, ma una volta appoggiatolo in terra si era accorto di una cosa: Simone respirava. Con altrettanta rabbia e ferocia, lo aveva finito con due coltellate alla gola. Il ritrovamento del corpo del bimbo getta in stato di choc la comunità di Foligno, ma a seminare il panico arriva un altro "comunicato" del mostro. Il tono, questa volta, è di compiaciuta sfida alle autorità: L'omicidio di Simone è stato un omicidio perfetto. Credete che basti una pistola per arrestarmi? Il mostro.
L'omicidio di Lorenzo Paolucci
Il 7 agosto del 1993, 10 mesi dopo, Lorenzo Paolucci, 13 anni, scompare da casa. Questa volta con il pretesto di giocare a carte, Luigi lo ha attirato in casa e colpito con un forchettone, alle spalle, "Perché mi vuoi uccidere?". Quell'attimo di lucidità aveva reso ancora più atroce la violenza: sei fendenti al collo e poi l'insulto finale. Dopo averlo ammazzato Chiatti si era masturbato davanti al cadavere e lo aveva gettato dalla finestra. Recuperato il corpo, lo aveva trascinato nel bosco, a diversi metri di distanza dalla sua abitazione. Stavolta prende parte alle ricerche del ragazzino ed è proprio lui a condurre le autorità sul luogo del ritrovamento, ma si tradisce clamorosamente. Sul posto sono presenti tracce di sangue che conducono proprio sotto la finestra di casa sua. Luigi Chiatti viene arrestato.
Luigi Chiatti oggi
Non serviranno interrogatori duri: il geometra confessa immediatamente gli omicidi. A quel punto comincia quello che sarà uno dei primi grandi processi mediatici della storia del crimine. Di fronte ai giudici si siede quel giovane dagli occhi chiari, spenti, l'aria passiva. Ha un aspetto incredibilmente comune, inoffensivo, quasi insignificante. Racconta con tono pacato e distaccato come abbia ucciso due bambini. È lui il "mostro". Luigi viene condannato a due ergastoli con l'aggravante della "crudeltà" e dei "motivi abietti". La difesa si adopererà sempre per ottenere l'infermità mentale, fino a quando, l’11 aprile 1996, la corte d’Assise d'Appello di Perugia rivede la sentenza di primo grado e decreta la seminfermità, commutando la condanna in 30 anni di reclusione. Nel 2015 Chiatti viene trasferito in una Rems (Residenza per l’Esecuzione della Misura di sicurezza Sanitaria) in Sardegna. Solo nel 2018 scrive una lettera per chiedere perdono ai parenti delle vittime: "Se potessi tornare indietro non rifarei mai quello che ho fatto, perché ciò che ho fatto è distruzione della vita e disprezzo del creato. Scusatemi". Nessuna risposta dalle famiglie dei bimbi.