Al momento del blitz dei Navy Seals che ha portato all'uccisione di Bin Laden, nella stanza con lo sceicco del terrore vi era anche una giovane donna, Amal Ahmed Abdul Fatah. Come confermato da un alto funzionario della Casa Bianca, il press secretary Jay Carney, la donna è rimasta ferita (in modo non preoccupante) ad una gamba, mentre un altro figlio di Bin Laden, Khalid, ha perso la vita nel raid. In queste ore la storia della donna, la foto che vi mostriamo è tratta dal suo passaporto, sta facendo il giro del mondo e merita certamente una considerazione particolare.
Stando alle informazioni diffuse dalla Abc, Amal, che ha da poco compiuto 29 anni, proviene da una famiglia yemenita e ha dato ad Osama tre figli, una femmina e due maschi, formando un nucleo familiare che viveva al secondo e terzo piano del rifugio di Abbottabad, evidentemente giudicato "un luogo estremamente sicuro". La ragazza, come raccontato da Steve Coll, autore del libro "The Bin Ladens" (nel quale si analizza la storia della famiglia, in chiave diversa da quanto fatto dal racconto del figlio Omar), è stata "regalata" allo sceicco quando era ancora giovanissima (una teenager la definisce Coll) ma in poco tempo è diventata la "favorita", conquistando attenzioni e responsabilità. Negli ultimi anni, una delle cose che ha più impressionato gli studiosi del "fenomeno Bin Laden" è proprio l'estrema devozione dimostrata dalle sue mogli, nonchè l'adesione praticamente totale alla causa jihadista (il tutto, senza considerare che Al Qaeda non è affatto una struttura a carattere "dinastico" e nessuno dei figli di Bin Laden sembra aver mai assunto un ruolo significativo nello scacchiere dell'organizzazione).
Anche Amal, stando alla ricostruzione di Mudd, avrebbe fatto di tutto per proteggere il marito nei concitati momenti dell'irruzione delle forze speciali fino ad arrivare allo scontro fisico con i soldati e rischiare la propria vita. Eppure, quasi che un terrorista non possa essere oggetto di amore sincero o di autentica devozione, analisti e commentatori a stelle e strisce continuano a domandarsi come sia possibile che una giovane "venduta" possa avere tanta venerazione per un individuo come Bin Laden. Ecco, tralasciando la situazione affettiva e personale sulla quale non abbiamo modo di esprimerci, evidentemente ciò che manca ad una analisi seria e non faziosa è una diversa prospettiva. Negli ultimi anni, per quanto fastidioso possa essere, dal momento che si tratta in gran parte del risultato "collaterale" della politica occidentale dell'ultimo decennio, la figura di Bin Laden ha assunto un valore simbolico enorme, connotandosi come quella del vero "antagonista del sistema globale". Intorno allo "sceicco del terrore" si sono catalizzati desideri, sogni e progetti di parte consistente del mondo arabo, che più o meno convintamente (secondo qualcuno a seconda dell'esposizione o meno alla propaganda dell'una o dell'altra parte) ha finito con l'interrogarsi e col darsi risposte intorno a temi che sembravano superati da decenni. Come ebbe modo di dire un valente storico parlando di Martin Lutero, "parlava con una sola voce, ma ognuno udiva un suono diverso, una diversa risposta alle proprie domande", allo stesso modo lo sceicco era diventato l'interprete privilegiato, il grillo parlante del malessere di parte del mondo islamico, per una contestazione, anche solo "ideologica" che ha le radici nei tanti nodi irrisolti della contemporaneità.
Esiste realmente un problema religioso nel mondo contemporaneo? Il cambio di rotta della politica statunitense è dovuto alla crisi economica dell'intero Occidente? Fino a che punto è lecito tollerare la sistematica violazione del diritto internazionale in nome di imprecisati "motivi di sicurezza"? Quanto incide nell'equilibrio complessivo dell'area mediorientale la questione palestinese? Perchè gli interventi militari si condensano intorno a zone ricche di risorse materiali? E così via discorrendo. Insomma, interrogativi aperti e suscettibili di interpretazioni diverse e più o meno condivisibili. Ma in ogni caso, pur riconoscendo nella figura di Bin Laden quella di un criminale internazionale (la prova è nel lungo elenco fornito da osservatori indipendenti), liquidare la vicenda come il trionfo della giustizia e della democrazia sul terrorismo sanguinario e crudele è senz'altro operazione semplicistica, non veritiera e finanche faziosa.