Stipendi Rai, il Cda conferma tetto ai compensi degli artisti: non più di 240mila euro annui
Il tetto ai compensi degli artisti Rai non verrà modificato. Ad annunciare che nulla di quanto stabilito nei mesi scorsi cambierà è l'ad Antonio Campo Dall'Orto, sottolineando che al momento non sussisterebbero le condizioni per una modifica delle decisioni prese da viale Mazzini. I consiglieri di amministrazione della televisione pubblica, presa visione della lettera inviata dal Ministero dell'Economia e delle finanze a firma del direttore generale per le privatizzazioni Antonino Turicchi, si sono rifiutati di rimuovere il tetto della discordia. Nella missiva inoltrata dal Mef, il ministero sostanzialmente invitava l'azienda pubblica a riflettere sulla norma approvata, esprimendo dubbi sull'opportunità di estendere anche a presentatori e showman il tetto dei 240 mila euro lordi annui, valido invece per manager, dipendenti, consulenti e collaboratori.
I consiglieri Rai, preso atto della lettera, hanno sostenuto fosse del tutto "interlocutoria e priva di elementi di novità", decidendo quindi di non accogliere le richieste del Mef. In poche parole, secondo il consiglio di amministrazione della televisione pubblica, l'azionista di riferimento, ovvero il ministero dell'Economia, non avrebbe esplicitamente autorizzato la Tv di Stato a pagare gli artisti fuori da ogni vincolo, in modo libero, chiedendo al Cda di prendere "le più opportune decisioni" in materia di retribuzioni degli artisti. Dal 30 aprile, quindi, se nulla cambierà nelle prossime due settimane, così come da delibera votata dal Cda lo scorso 23 febbraio, agli artisti di Mamma Rai verrà tagliato lo stipendio, che non potrà essere superiore ai 240mila euro annui. Campo dall'Orto ha chiesto al Cda una proroga di due settimane, ma i consiglieri non hanno voluto concedere alcun tipo di sconto o agevolazione.
La norma ha fatto molto discutere perché potrebbe favorire le tv concorrenti: in caso di taglio del compenso, infatti, artisti e showman potrebbero decidere di abbandonare la Rai in cerca di lidi più favorevoli, ovvero andare a lavorare per aziende concorrenti che non sono obbligate a sottostare a questo obbligo e quindi libere di erogare compensi di mercato.