Telefono del vento, dove si trova in Italia la cabina per parlare con chi non c’è più
Non se ne vedono quasi più in giro, di cabine telefoniche, sostituite dai ben più moderni telefoni cellulari prima e smartphone poi. Ecco perché sembrerebbe del tutto controcorrente e ormai fuori contesto, se di punto in bianco ne comparisse una. Ed è esattamente quello che è successo a San Pietro Belvedere, località nel comune di Capannoli (provincia di Pisa). Ma quella che a una rapida occhiata sembrerebbe appunto una vecchia cabina telefonica è in realtà qualcosa di molto più speciale.
Perché la cabina telefonica di Marco Vanni è speciale
Quella in provincia di Pisa non è una cabina telefonica normale, di quelle bianche e rosse che lentamente sono sparite dalle nostre città. Ormai quelle postazioni pubbliche, un tempo presenti per le strade di tutta Italia, sono state progressivamente rimosse: erano diventati apparecchi desueti e inutilizzati. La cabina installata a San Pietro Belvedere nel comune di Capannoli è in legno e tinta di bianco; non prevede l'inserimento di monete, gettoni, schede telefoniche, perché in effetti è un telefono senza fili. Non è stata installata per telefonare ad amici, parenti e conoscenti così da fare due chiacchiere, ma per entrare in contatto con chi non c'è più.
Come è nato il "telefono del vento"
Il suo ideatore è Marco Vanni, fotografo e direttore artistico dell’associazione Life for Music. Ha fatto la proposta a Mattia Cei, Matteo Arcenni e Matteo Bagnoli, titolari dell'azienda agricola Podere Tegolaja. Loro hanno accettato e dunque è stato realizzato lì il primo "telefono del vento" italiano. Si tratta di una cabina senza fili che serve per parlare con chi non c'è più. Questo apparecchio non è un'invenzione di Marco Vanni. Lo ha preso in prestito dal Giappone.
Lì nel 2010 fu costruito questo apparecchio dal designer Itaru Sasaki. Lo mise nel suo giardino dopo la morte di un cugino per continuare a sentirlo vicino. L'anno seguente decise di aprirlo al pubblico, in seguito al disastroso tsunami che causò la morte di migliaia di persone. Volle dare a quelle famiglie la possibilità di sentire ancora vicini i loro cari. L'iniziativa è stata poi riproposta in diverse parti del mondo: a Oakland in California, vicino Dublino, nei pressi di Aspen in Colorado, a Washington, nella contea di Madison (Carolina del Nord). Ha anche ispirato il romanzo del 2020 Quel che affidiamo al vento, di Laura Imai Messina.
Il "telefono del vento" italiano è stato posizionato in cima alla collina, in mezzo al verde, per ricevere l'energia positiva della natura e creare un ambiente sicuro, dove potersi sentire liberi di lasciarsi andare, di dire cose mai dette. Quello che era uno spazio anonimo è ora uno spazio di pace e serenità, messo a disposizione di tutti, dove affidare al vento parole e messaggi. In queste ore sono arrivati i primi visitatori al podere e l'idea è piaciuta a tal punto, che Vanni ha anche ricevuto proposte da altre città, desiderose di replicare l'iniziativa e avere il loro "telefono del vento".