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Stiamo sbagliando a comprare i souvenir?

Di ritorno da un viaggio sono tante le persone che comprano souvenir o altri oggetti ricordo. Nell’epoca dell’overtourism e del turismo di massa, è davvero sostenibile comprare gadget che sono solo un’altra faccia del consumismo contemporaneo?
A cura di Arianna Colzi
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Il turismo di massa ha tanti lati che dobbiamo ancora esplorare e approfondire. Dal già noto impatto ambientale, passando per le conseguenze sui residenti, fino ad arrivare ai souvenir. Non che i ricordi comprati in vacanza causino problemi lontanamente paragonabili a quelli finora menzionati, ma sicuramente si tratta il numero crescente di bancarelle, negozietti e  e shop dedicati soltanto ai souvenir hanno un impatto non dà poco sui centri delle città turistiche. Se con il tempo abbiamo imparato a dire addio alle cartoline, che magari acquistano come ricordo di un viaggio ma che non spediamo più ad amici e parenti, i gadget li compriamo ancora per ricordarci di una vacanza.

Un articolo della BBC riporta che due americani su tre almeno un souvenir di ritorno da un viaggio e riferisce che nel Paese le vendite sfiorano i 21 miliardi di dollari, ossia 20 miliardi di euro l'anno. I souvenir portano con sé problematiche di appropriazione culturale, oltre a sollevare tematiche relative al consumismo sfrenato. Il punto però è soprattutto: quanto un magnete che ci viene regalato o che regaliamo ci fa ricordare i momenti belli di un viaggio?

I souvenir sono sempre esistiti di fatto, visto che già nel 18esimo secolo luoghi simbolo delle città, come il Colosseo a Roma, venivano saccheggiati per accaparrarsi delle reliquie laiche da rivendere. Solo però nella società capitalistica contemporanea il ricordo di un viaggio ha avuto il bisogno di essere materiale: compro un magnete o un portachiavi perché, quando lo guardo, mi riporta alla mente emozioni e ricordi felici. Nell'era della FOMO, però, il souvenir è diventato anche una prova tangibile che ci racconta, un modo, alla stregua di un post sui social, di dire "io c'ero".

Infatti, nonostante il turismo sia cambiato negli ultimi dieci anni – con un numero sempre maggiore di persone che si rende conto di quanto una loro vacanza o un viaggio possa impattare a livello ambientale e sociale -, il nostro bisogno di immortale tutto, di raccontare le nostre esperienze è rimasto inalterato. Inoltre, in alcune zone del mondo, da Petra in Giordania passando per Angkor Wat in Cambogia, arrivando fino in Italia, vivono grazie all'economia che ruota attorno ai souvenir.

Come comprare souvenir in modo responsabile

Per tutti questi motivi non è necessario smettere di comprare souvenir, ma è importante comprarli in modo responsabile. Diversi esperti travel contattati dalla BBC hanno dichiarato che l'unico modo per assicurarsi che i souvenir siano sostenibili è fare domande. Non basta scegliere con cura o acquistare con attenzione, ma è importante chiedere e, nel caso, non acquistare niente.

Un altro modo per fare acquisti etici è quello di sostenere cooperative affidabili e mercati solidali locali. Molti Paesi ora certificano anche i prodotti locali autentici. In India, per esempio, gli scialli di pashmina autentici portano il marchio IG (Geographical Indication); l'Australia utilizza il logo rosso e nero Indigenous Art Code; e il marchio Sámi Doudji nei Paesi nordici garantisce che gli articoli sono prodotti da artigiani Sámi. Per concludere, non esiste una regola universale per definire un souvenir "responsabile": è una decisione personale che ognuno di noi prende, anche in base alle sensibilità ciascuno. Adesso, però, sapete che la prossima volta che comprate distrattamente un gadget da aeroporto, fermatevi a riflettere.

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