Omasake, il trend dei ristoranti sushi: lo chef decide cosa servire e non si può rifiutare il piatto
Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio: e chi prende davvero alla lettera questo proverbio potrebbe non gradire il concetto alla base dell'Omasake. Questa espressione giapponese significa "mi affido a te" o "lascio fare a te" e fa riferimento al mondo culinario. Nei ristoranti, la nuova tendenza è mettersi nelle mani dello chef, far scegliere a lui cosa far arrivare al tavolo, mettendo da parte ciò che c'è scritto sul menu. C'è da fidarsi dunque, mane vale la pena.
Che cos'è l'Omasake
Quando ci si siede al tavolo di un ristorante, spesso ci si trova davanti un menu con una lista infinita di piatti tra cui scegliere. E la scelta, può diventare fonte di stress. Per questo, per rendere l'esperienza della cena un momento di vero relax e abbandono, per staccare la spina con la quotidianità, i giapponesi si sono inventati l'Omasake. Si usa soprattutto col sushi: il cliente lascia che sia lo chef a decidere cosa preparare. Il menu viene completamente messo da parte: lo chef cucina, serve e a quel punto il cliente è tenuto ad accettare ciò che gli è stato servito. Rifiutare un piatto scelto dallo chef, infatti, è considerato una grande mancanza di rispetto, una vera e propria offesa. Dagli ingredienti alla cottura, tutto è a discrezione dello chef: si lascia fare completamente a lui, fidandosi del suo gusto e delle sue competenze.
La differenza con un All You Can Eat
Essendo un'esperienza più esclusiva e personale, l'Omasake è molto diverso dall'All You Can Eat, formula che in questi anni ha goduto di enorme successo. Sicuramente, quest'ultima è una metodologia che se da un lato fa risparmiare, dall'altro incentiva gli sprechi, perché non sempre si ordinano quantità di cibo realmente necessarie. Può capitare che ci si faccia prendere la mano e si ordini per eccesso, col rischio di non consumare le pietanze o non gustarle a pieno, perché ormai sazi. L'Omasake, invece, consiste in un numero limitato di pezzi di sushi, serviti in tempi diversi. Solitamente in Giappone si serve il pesce assieme al tè verde caldo e raramente si chiude il pasto col dessert. Solo al termine dell'esperienza, il cliente può passare all'ordine da menu qualora volesse aggiungere altro, o chiedere il bis di un piatto specifico assaggiato. La presentazione, in questo caso, va di pari passo alla qualità del cibo, sempre elevata, proprio per garantire un'esperienza gradevole. Sicuramente, non è un percorso adatto a tutti: non avendo possibilità di scelta, è sconsigliato a persone con allergie o intolleranze, o almeno, queste ultime dovrebbero essere illustrate in anticipo, col rischio di restringere molto il campo.
È possibile fare una Omasake Sushi Experience a Milano, dove ha di recente inaugurato un locale il maestro Katsu Nakaji. Il suo Omakase Hatsune Zushi si trova al Ronin Milano (in via Vittorio Alfieri, 17): è il primo ristorante permanente del famoso chef oltre i confini giapponesi, dopo lo strepitoso successo dei pop-up temporanei. Il suo è uno dei sushi più famosi al mondo.