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Le performance più estreme di Marina Abramovic, pioniera che ha superato i confini dell’arte

Marina Abramovic nella sua carriera ha sempre esplorato tutte le possibilità, spingendosi oltre i confini dell’arte tradizionalmente intesa: ecco alcune delle sue performance più famose.
A cura di Giusy Dente
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The artist is present
The artist is present

Marina Abramovic torna in Italia e stavolta lo fa in carne…e ologramma. Il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, infatti, ha ospitato The Life, primo evento di arte performativa concepito in realtà mista, una performance in una doppia dimensione: fisica e digitale, con protagonista appunto l'artista serba. Ma Marina Abramovic sarà presente a Pesaro anche in carne e ossa per una conversazione aperta al pubblico con Todd Eckert: è in programma martedì 18 giugno alle ore 21.30 presso il Teatro Rossini. L’incontro è interamente dedicato alla genesi di The Life e alle implicazioni che una performance di questo tipo ha nel mondo dell'arte. L'artista nella sua lunga carriera ha sempre esplorato tutte le possibilità, superando tutti i confini e spingendosi sempre oltre. Non a caso è stata soprannominata Godmother of Performance. Queste sono solo alcune, di quelle più famose e impressionanti.

The Life

Presentata alla Serpentine Gallery di Londra nel 2019, l’opera ha attraversato il mondo, fino ad arrivare in Italia. In quest'esperienza la Abramovic si presenta sotto forma di ologramma, ponendo il tema della dimensione "altra" e della smaterializzazione del corpo: è una riflessione su corpo e memoria, realtà tangibile e immateriale, spazio e tempo."Questo è il mio primo esperimento, il mio primo tentativo di utilizzare le nuove tecnologie e di ampliare l’idea di come le arti performative possano essere viste in futuro, se l’artista non è più fisicamente presente" ha detto. The Life, ideata da Marina Abramović e prodotta daTin Drum e Todd Eckert, è un’opera immersiva. Al visitatore viene chiesto di liberarsi di ogni dispositivo elettronico e di indossare un visore per la realtà aumentata, che mostra una stanza vuota: al centro solo l'ologramma di Marina Abramović. L'immagine digitale, la performance non fisica, permette di riflettere proprio sul futuro dell'arte, sulle possibilità che si aprono grazie ai nuovi scenari tecnologici, tra reale e virtuale. "Questo è davvero il punto dell’opera: cercare di creare una connessione umana autentica tra artista e pubblico oltre la semplice osservazione che domina i nostri media attuali" ha commentato il regista Todd Eckert.

The Life
The Life

The artist is present

The Artist Is Present, presentata per la prima volta al Museum of Modern Art nel 2010, è forse il primo nome che viene in mente, pensando alle performance di Marina Abramovic. L'artista nello spazio del MoMA di New York aveva collocato due sedie, separate da un tavolo: una era per lei, l'altra era lì per accogliere un visitatore alla volta, invitato a sedersi. L'artista ha trascorso, seduta su quella sedia, otto ore al giorno, guardando negli occhi decine e decine di persone, sempre in totale e assoluto silenzio, per un totale di 736 ore in tre mesi: è considerata una delle più lunghe performance della storia del museo. Il momento più emozionante si è avuto quando, del tutto a sorpresa, si è presentato l’ex compagno Ulay, realizzando così un intenso momento di riavvicinamento tra i due, nel segno dell'arte. È passato alla storia anche l'iconico vestito rosso, che la performer indossava.

L'iconico vestito rosso, Ph. Culto Productions
L'iconico vestito rosso, Ph. Culto Productions

Imponderabilia

Imponderabilia è una delle performance che Marina Abramovic ha realizzato assieme al compagno Ulay, nel 1977, presentata a Bologna presso la Galleria d'arte moderna. I due erano in piedi nudi ai lati di una porta stretta, unico accesso nella galleria. I visitatori, dunque, erano costretti a passare tra i loro corpi e toccarli, dovendo necessariamente scegliere se "affrontare" il lato del nudo femminile o quello maschile.

Rest Energy

Rest Energy risale al 1980 e vede nuovamente protagonisti sia Ulay che Marina Abramovic. L'uomo era dinanzi alla sia compagna tendendo la corda di un arco, con la freccia puntata verso il cuore dell'artista, per ben quattro minuti e venti secondi. Furono posizionati anche degli amplificatori nella sala, per permettere ai presenti di ascoltare il battito cardiaco e la respirazione dell'artista, comprensibilmente accelerati per la tensione e la pericolosità del momento, in cui si trovava in una condizione di estrema vulnerabilità.

The Lovers: The Great Wall Walk

Tutta la relazione tra Marina Abramovic e Ulay (durata 12 anni) è stata vissuta in simbiosi con l'arte, compresa la rottura. I due nel 1988 hanno trasformato la fine della storia in una performance, in un atto artistico: il loro testamento. Il culmine sofferto di quell'amore si raggiunse quindi con The Lovers: The Great Wall Walk, diventato qualcosa di universale e simbolico: hanno camminato, ognuno dai due poli opposti, lungo la Muraglia cinese, per poi incontrarsi esattamente a metà strada dopo novanta giorni e porre fine lì ufficialmente alla loro storia.

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