La cucina italiana non esiste e deriva da quella americana: cosa dice lo storico
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La cucina italiana è tra le più apprezzate in tutto il mondo. È una cucina che porta avanti un'antica tradizione fondata su sapori semplici e genuini, su ricette tramandate di generazione in generazione che raccontano tanto del territorio, della sua storia. La pizza, la pasta al pomodoro, il risotto, il pesto, infinite varianti regionali di dolci, succulente preparazioni a base di carne: ce n'è per tutti i gusti e tutte le forchette. Eppure Alberto Grandi, storico dell'alimentazione e professore di storia economica all'Università di Parma, ha scatenato il dibattito con una serie di dichiarazioni e teorie che puntano a sfatare certi miti intoccabili, che riguardano proprio la cucina italiana.
Alberto Grandi sfata i miti sulla cucina italiana
Alberto Grandi nel 2018 ha pubblicato il libro Denominazione di Origine Inventata: le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani. Il titolo già la dice lunga, ma ne ha ulteriormente approfondito gli argomenti in un secondo volume. La Cucina Italiana Non Esiste è scritto insieme a Daniele Soffiati e ha un titolo decisamente provocatorio. L'autore sostiene, per esempio, che la pasta alla carbonara sia stata inventata in Italia subito dopo la seconda guerra mondiale utilizzando le provviste dell'esercito americano: la ricetta prevedeva a suo dire pancetta e tuorli d'uovo in polvere, non guanciale di maiale e pecorino romano. Apriti cielo!
Un'affermazione come questa non poteva certo passare inosservata, in un Paese così legato alle proprie tradizioni secolari, ai suoi prodotti più iconici e identificativi. E per i romani, senza pecorino né guanciale non esiste carbonara vera. Di base Alberto Grandi sostiene che queste tradizioni così radicate, queste convinzioni che ci portiamo dietro sulla nostra cucina nazionale, siano pura fantasia. La cucina si sarebbe notevolmente evoluta, arrivando a noi in una forma diversa dall'originale. Quelle che seguiamo oggi non sarebbero dunque le ricette originali, ma piatti dalla storia molto più breve di quanto si immagini, di certo non secolare come molti sostengono. Insomma, nessun prodotto o ricetta è sempre stato come lo conosciamo ora.
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Perché la cucina italiana deriva da quella americana
Grandi sostiene che sono stati i flussi migratori a rendere la cucina italiana ciò che è oggi, quella che conosciamo. Milioni di persone hanno lasciato l'Italia tra XIX e XX secolo, raggiungendo soprattutto l'America e altri Paesi europei. Lì hanno trovato nuovi ingredienti che hanno permesso di arricchire la cucina che si era impoverita con gli anni di miseria e fame: ed è così che sono nate le ricette diventate poi popolari in tutto il mondo. Ma non sono, appunto, ricette nate in Italia e poi esportate, ma nate direttamente altrove, secondo la visione di Grandi. Lo studioso è molto critico anche sulla pizza: fu in America, a suo dire, che divenne "rossa". Mentre il condimento originale prevedeva i pomodori freschi, gli immigrati italiani negli Stati Uniti resero popolare la preparazione con salsa di pomodoro.
Intervistato da BBC ha chiarito:
Sembrerebbe che il resto del mondo non sapesse come mangiare finché all'improvviso non sono arrivati gli italiani. La televisione ha influenzato notevolmente la nostra cucina e la nostra identità gastronomica.
Grandi sostiene, infatti, che la maggior parte delle tradizioni gastronomiche italiane siano state inventate per fini commerciali. Basti pensare a un programma televisivo come Carosello, andato in onda tra gli anni Cinquanta e Settanta, che coi suoi sketch ha introdotto nuovi prodotti e nuovi marchi entrati poi a far parte della quotidianità.
Con queste teorie ovviamente Grandi si è attirato non poche critiche dai più tradizionalisti, ma lui è irremovibile:
Non abbiamo bisogno di inventare storie sui fantastici prodotti italiani. Non dovremmo creare una situazione in cui cambiare le ricette è la fine del mondo, perché è proprio l'opposto di come è nato il cibo italiano.