“White lives matter”: perché le magliette shock di Kanye West hanno offeso tutti
La Paris Fashion Week si chiude tra le polemiche: Kanye West (o Ye, come preferisce essere chiamato il rapper) ha fatto sfilare t-shirt con il controverso slogan "White Lives Matter", un calco del movimento "Black Lives Matter" nato nella comunità nera statunitense per protestare contro il razzismo e la violenza della polizia. Le t-shirt manifesto non sono piaciute a nessuno: né alla comunità afroamericana, né alla stampa contro cui lo stilista di Yeezy si è scagliato con violenza attaccando personalmente una giornalista di Vogue. Le t-shirt hanno spaccato il mondo della moda: dov'è il confine tra provocazione e offesa?
La sfilata "segreta" di Kanye West a Parigi
Per capire la tempesta che sta infuriando nel mondo della moda bisogna fare un passo indietro e tornare a lunedì sera, quando Kanye West ha presentato la nuova collezione YZYS9 a Parigi. Lo show segna il ritorno di Ye alla fashion week dopo la rottura con Adidas e con Gap. Kanye West ha collaborato a lungo con Balenciaga, che lo ha chiamato ad aprire la sfilata "nel fango" a Parigi. Ventiquattr'ore dopo aver sfilato in passerella, West è tornato protagonista nel ruolo di designer di Yeezy con una sfilata "segreta", annunciata due ore prima a un gruppo ristretto di 50 invitati. Allo show ha partecipato anche Naomi Campbell, amica e musa del rapper stilista.
Cosa significa "White Lives Matter"
Sulla passerella sono apparse t-shirt con il volto di Giovanni Paolo II e con lo slogan "White Lives Matter", indossata da una modella nera. Kanye West in passato aveva già sollevato polemiche definendo la schiavitù "una scelta" e schierandosi apertamente con Donald Trump. L'uso di uno slogan di destra, però, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Black Lives Matter è un movimento nato negli Stati Uniti per protestare contro la violenza della polizia sulla comunità nera, proteste riaccese in tutto il Paese (e non solo) dopo l'omicidio di George Floyd. Lo slogan "le vite dei neri contano", sottolinea oggi la stampa statunitense, non è mai stato uno slogan "antibianco": lo scopo è sottolineare come le persone nere rischino di più quando sono in custodia. Lo slogan è stato ribaltato dalle frange di destra statunitensi in "White Lives Matter", cioé le vite dei bianchi contano, e Ye lo ha ripreso in questa formula, offendendo larga parte della comunità a cui lui stesso appartiene.
Kanye West attacca una giornalista
Tra le prime a esprimere dissenso c'è stata la fashion editor di Vogue Gabriella Karefa-Johnson: Kanye West ha risposto personalmente alla giornalista, attaccandola e criticandola per il suo stile e per la sua immagine. La Bibbia della moda ha preso le difese della giornalista con una dichiarazione pubblica: "È stata attaccata personalmente e bullizzata, è inaccettabile. Ora più che mai, voci come la sua sono necessarie". Karefa-Johnson e West si sono poi incontrati privatamente per discuterne. Alle polemiche sullo slogan razzista si sono aggiunte le polemiche sul comportamento violento di Ye verso i suoi detrattori: Gigi Hadid lo ha definito un "bullo", difendendo la giornalista.
La polemica tra Kanye West e Supreme
In un sol colpo, Kanye West è riuscito a offendere tutti, persino il collega Tremaine Emory, nuovo direttore creativo di Supreme. La nuova polemica è nata riguardo un post Instagram di Ye in cui invitava tutti a discutere tutti di cose più serie come “il fatto che Bernard Arnault ha ucciso il mio migliore amico” Virgil Abloh. Arnault è a capo del gruppo LVMH, conglomerato del lusso che comprende anche Louis Vuitton, dove il defunto stilista Virgil Abloh lavorava come stilista delle linee maschili. Emory ha esortato West a non nominare più Virgil Abloh. Motivo? Negli ultimi mesi della sua vita West avrebbe attaccato più volte Abloh, in privato e in pubblico, pur essendo a conoscenza della sua malattia. La risposta di West non si è fatta attendere: "Anche Supreme è di proprietà di Arnault", ha sottolineato, insinuando che è "una guerra di tutti contro tutti". Il mondo della moda non è estraneo alle provocazioni e alle polemiche, ma dov'è la linea tra dibattito e offesa razziale? Tra opinioni personali e attacchi gratuiti?