Vacansia: perché non riusciamo a rilassarci neanche durante le ferie
Quest'articolo nasce dopo aver visto una ragazza indossare una maglietta con la scritta "Vivo in vacansia". Una maglia spiritosa, adatta alla stagione (siamo pur sempre ad agosto), una scritta come tante, un po' divertente, un po' un avvertimento, un po' autoironica. Che però forse ci dice qualcosa di più di quello che immaginiamo se ci fermiamo solo alla superficie. La parola ansia è sdoganata. Tutti soffriamo di ansia. Per un esame, per un appuntamento, per un colloquio di lavoro, per una riunione col capo. Ma è possibile che neanche in vacanza riusciamo a rilassarci?
Una vita in vacansia
Una settimana fa sulla pagina Instagram di Edizioni Tlon, i due filosofi Maura Gancitano e Andrea Colamedici hanno pubblicato un post a proposito della vacansia: "Chiamiamo ironicamente (ma neanche troppo) “vacansia” quella sensazione di inquietudine che accompagna sempre più persone nei momenti di ferie e di pausa. È il paradosso moderno per cui, nonostante ci si trovi fisicamente a riposo o in vacanza, la mente continua a lavorare per molti giorni e a preoccuparsi, rendendo difficile abitare un altro ritmo". Succede sempre così. Agogniamo le vacanze, desideriamo spalmarci sul lettino in prima fila a guardare il mare, fare cruciverba e poltrire. Eppure, quando finalmente succede, non siamo in grado di goderci davvero il momento. Ci diamo propositi, scopi, punti di arrivo. Lo smartphone poi ci mette continuamente alla prova: obiettivi di lettura da raggiungere, passi giornalieri da fare. Tutto è finalizzato a qualcosa. Non possiamo perdere tempo. La verità è che abbiamo smesso di annoiarci, non lo sappiamo più fare. Nel momento in cui sentiamo di non stare facendo davvero nulla cerchiamo il telefono, cominciamo a scorrere col pollice un video, una foto, una notizia, montiamo un reel, sentiamo un podcast. Passare del tempo in panciolle è impossibile.
Vacanza: dal latino vacans, vuoto, libero
Eppure la parola vacanza vuol dire proprio questo: vacantia da vacans, vacare ovvero essere vuoto, libero. Una mente libera da impegni, a riposo, senza pensieri. La parola dell'estate di due anni fa fu: oziofobia. Paura dell'ozio. Ci avreste mai pensato? Anche l'ozio, il re dei vizi, può diventare oggetto di ansia. Perché non sapere cosa fare e vivere con la mente ormai programmata per essere sempre impegnata, sempre sul pezzo, crea un corto circuito difficile da gestire.
Se la nostra autostima si basa sulla produttività
Un articolo del New York Times di dicembre 2022 della giornalista Alisha Haridasani Gupta parla proprio del fatto che ormai la nostra idea di autostima e identità è condizionata dalla produttività. E la conseguenza è una: quando non siamo produttivi crediamo di essere inferiori. Ci identifichiamo nel nostro lavoro, ci dà uno status, ci qualifica, ci dà un posto nel mondo e durante le vacanze non sappiamo cosa fare. Non ci sentiamo liberi, ci sembra di fare un torto a qualcuno, a noi stessi, a un capo, a un collega, se non siamo lì a rispondere immediatamente a una mail o a una telefonata, se non risolviamo problemi, se non occupiamo i nostri slot temporali in attività di lavoro.
La società della performance va in vacanza
La sospensione, la pausa, il vuoto sono concetti sempre più sconosciuti a noi abitanti della società della performance. Efficienti, scattanti, soffriamo di FOMO se soltanto molliamo lo smartphone al centro riparazioni per mezza giornata. Apriamo i social, le nostre finestre sulle vite degli altri, e ci sembra sempre che siano affaccendati in faccende più interessanti, belle e produttive delle nostre. "Le vacanze sono un cambio di routine, l'uomo è un animale abitudinario, per questo molte persone non riescono a viverle serenamente – ha detto lo psicoterapeuta Matteo Merigo a Fanpage.it – Non esiste un metodo uguale per tutti per cercare di godersi davvero le vacanze. Magari la vacanza stessa è fonte di ansia perché comporta uno spostamento, un viaggio in aereo". Molti psicologi consigliano anche di cominciare in maniera graduale. Prima di andare in vacanza, prima di partire bisogna fare un detox dal lavoro, un modo per allentare il ritmo, per mettere la nostra mente in ‘modalità vacanza'. Prepariamo la risposta automatica alle mail di lavoro, compriamoci un bel costume, facciamo una lista di tutto quello che ci serve per la partenza. Impegnati sì, ma con la mente che intanto comincia ad abituarsi a un cambio di passo. Ma basta un risposta individuale? O il problema risiede proprio nella società della performance? Leggiamo ancora Tlon: "È necessario un cambiamento culturale e collettivo: dobbiamo ripensare il nostro rapporto con il lavoro e con il tempo libero, promuovendo una cultura che valorizzi realmente il tempo vuoto. La società nel suo insieme deve riconoscere e rispettare il diritto al riposo. Questo significa cambiare le nostre aspettative collettive: non dobbiamo più vedere la disponibilità costante come un segno di dedizione, ma piuttosto come un pericolo per la salute mentale. Solo attraverso un cambiamento culturale possiamo provare a superare la vacansia e riscoprire il vero significato dell’ozio e del riposo".