Barbie è un'icona da 60 anni, una grande protagonista della cultura di massa, al punto da ispirare anche videogiochi e film. L'ultimo in ordine di tempo è quello di Greta Gerwig con Margot Robbie nei panni della celebre bambola. Ancora prima dell'uscita, la pellicola è diventata un caso di costume: è esploso il fenomeno dell'estetica Barbiecore, è diventato virale su Tiktok un trend ispirato al trailer, l'attrice ha omaggiato la storia della bambola riproponendo nel tour mondiale di promozione proprio alcuni dei più celebri look da lei sfoggiati negli anni (compreso una versione del primo costume zebrato). Solo Barbie poteva riuscire a fare tutto questo, lei, che ha il merito di averci sempre fatto sognare in grande, anche sogni impossibili.
Il successo mondiale di Barbie
A distanza di 64 anni la bambola prodotta da Mattel resta il giocattolo preferito dei bambini in ogni parte del mondo. Era il 1959 quando fu messo in commercio il primo modello (il 1964 in Italia). L'idea si deve all'imprenditrice Ruth Handler: pensò a una bambola con le sembianze da adulta che potesse piacere a sua figlia Barbara e agli altri bambini, notoriamente divertiti all'idea di proiettarsi nei ruoli della vita "dei grandi", durante i momenti di gioco.
Fu un immediato successo in ogni parte del mondo. Quella prima Barbie indossava un costume da bagno intero zebrato con occhiali da diva bianchi; portava i capelli neri legati in una coda di cavallo, aveva la pelle chiarissima. Per anni lo stereotipo è rimasto pressappoco questo: lunghi capelli biondi, fisico longilineo, gambe chilometriche, occhi azzurri. Poi, piano piano, si sono fatti avanti nuovi modelli maggiormente rappresentativi e sempre più inclusivi, così che tutti potessero avere la propria Barbie del cuore in cui specchiarsi.
Nel 1968 viene introdotta la prima Barbie afroamericana, negli anni Settanta Barbie si immedesima nelle professioni più diverse: diventa hostess, infermiera, veterinaria, cameriera, chirurgo. È stato un passo decisivo, perché questa professione in particolare era ancora associata unicamente al sesso maschile. Nel 2015 è arrivata la Linea Fashionistas: modelli di Barbie più vicini alla realtà con diverse tonalità di pelle, diverse acconciature, diverse fisicità dalla petit alla curvy. Più recentemente è arrivata la prima Barbie non udente, quella con la vitiligine, quella con la sindrome di Down, quella in sedia a rotelle.
Barbie, unica e mai uguale a se stessa
Mattel non ha solo fatto la storia del mondo dei giocattoli. Ha creato un fenomeno di costume e fatto anche di più: ha dato ai bambini un modello a cui ispirarsi, in cui specchiarsi, ha dato loro la possibilità di pensare in grande. Se in un primo momento la bambola si è fatta portavoce di un modello di perfezione con pochi riscontri nella realtà, stereotipato e inarrivabile, ideale solo per poter fantasticare, poi le cose sono cambiate. L'azienda, senza mai perdere il suo dominio sul mercato, ha ampliato il proprio sguardo poggiandolo sulla società vera, sulla realtà, su modelli concreti e raggiungibili, autentici e ugualmente grandi.
Cosa ci ha insegnato Barbie
Le infinite possibilità: più che un unico modello di perfezione, Mattel ha capito che i tempi erano maturi per un cambiamento, anzi lo esigevano. L'azienda (dopo diverse critiche e sollecitazioni) si è resa conto che un modello univoco di perfezione non bastava più, perché la società chiedeva altro: chiedeva inclusione, uno sguardo sulla diversità, la valorizzazione dell'unicità. È a quel punto che la Barbie bionda, longilinea, con gli occhi azzurri è apparsa "piccola": è diventata "troppo poco". Serviva qualcosa di più.
È a quel punto che lo sguardo si è aperto sulle infinite possibilità da offrire ai bambini di tutto il mondo, per insegnare loro a crearsi il futuro che realmente desiderano, non quello che qualcuno ha pensato per loro, per il solo fatto che è sempre stato in un certo modo. Non tutte le bambine sognano di diventare principesse: oggi si guarda con ammirazione a figure un tempo impensabili, per una donna. Al grido di "You can be anything" (della campagna pubblicitaria del 2015) il messaggio è stato lanciato forte e chiaro: Barbie abbatte le barriere degli stereotipi e propone nuovi insegnamenti, in primis credere in se stessi e nelle proprie potenzialità, anche quelle mai espresse prima.
Puoi essere ciò che vuoi
Continua a piacere la bambola impeccabile e perfetta, con la chioma bionda e vaporosa, i vestiti alla moda, le gambe lunghissime: fa sognare, fa fantasticare e va benissimo così. Ma quella è apparenza, è ciò che si vede fuori: bisogna sapere che c'è molto altro. C'è tutto un mondo dentro, fatto di competenze e anima, di sogni e possibilità. Nella vita siamo chiamati a fare delle scelte: giocare con una Barbie è giocare anche un po' coi propri sogni e il proprio futuro.
Ed è un futuro senza limiti, anzi i confini sono spesso quelli che ci auto imponiamo, quelli in cui ci costringe la società. Crescere sapendo di potersi esprimere liberamente e completamente, significa interagire col mondo in modo propositivo e dinamico, con occhi curiosi e pronti ad esplorare ogni possibilità senza freni, senza che si insinui il pensiero di non essere all'altezza, di non essere abbastanza, di non avere qualcuno di simile vicino.
Barbie non è mai stata la casalinga tipica degli anni Cinquanta: ci ha insegnato che avere un Ken accanto è romantico e bellissimo, ma che siamo individui ancora prima che componenti di una coppia. Ci ha insegnato a insistere con la carriera e a essere indipendenti, perché si può essere maestre o puntare allo spazio o perché no, alla Casa Bianca: purché si sia felici e si decida in autonomia. Ci ha insegnato ad accettare la diversità vedendola come unicità. Ci ha insegnato che possiamo essere chiunque vogliamo.