“Raffa”, i look all’avanguardia della diva che ha conquistato la Rai mostrando l’ombelico in tv
È il 1970 e Raffaella Carrà sta per diventare "Raffa", l'icona intramontabile che lega generazioni, generi e epoche lontanissimi tra loro. Nella prima puntata della serie Raffa, diretta da Daniele Luchetti per Disney+, l'edizione di quell'anno di Canzonissima, celebre programma Rai, è destinata a entrare nella storia non solo della televisione italiana ma anche del costume e dell'estetica.
I look senza tempo di Raffaella Carrà
Raffella Pelloni, in arte Carrà, presenta Canzonissima 1970. La giovane conduce la trasmissione al fianco di Corrado e si impone sul mercato discografico con la sigla del programma, nonché suo singolo di debutto: Ma che musica Maestro. Per la prima esibizione, Raffaella Carrà indossa un outfit che, per l'Italia bigotta e ancora molto conservatrice di quegli anni, viene quasi percepito come un affronto, una sfida eccessiva. Per la prima volta nella storia della tv italiana una donna mostra l'ombelico, su Rai 1, in prima serata. Carrà sfoggia un look total white firmato Enrico Ruffini composto da un pantalone bianco leggermente svasato e un top a collo alto che lasciava la pancia scoperta. Dei lacci in raso di seta coprono le braccia nude come culmine di un eros che mai nessuno aveva portato in un programma Rai.
Dalla Chiesa alla dirigenza Rai tutti si scandalizzano per la scelta dell'outfit di Raffaella Carrà ma, come racconta Paolo Armelli nel suo libro L'arte di essere Raffaella Carrà, lei non ci vedeva nulla di provocatorio visto che "al mare, in vacanza, io mi vesto più o meno così". Ma l'eros di "Raffa" era quanto di più rivoluzionario potessero vedere gli spettatori dell'Italia che viveva gli Anni di Piombo, il terrorismo, i rapimenti. Insomma, per gli adolescenti cresciuti con la Mediaset degli anni Novanta e Dieci, l'ombelico di Raffaella Carrà è qualcosa di quasi pudico, una sensualità appena accennata rispetto alla sessualizzazione dei corpi femminili a cui hanno assistito in tv.
L'ombelico in tv con il tuca tuca
Ma l'ombelico di Raffaella Carrà è destinato a diventare uno dei simboli della donna contemporanea, emancipata, fiera di un corpo che rivendica il diritto di esibire. Nel 1971 torna a condurre Canzonissima con Corrado, alimentando così la creazione di un mito che gli italiani avevano già imparato ad amare. Da un'idea di Gianni Boncompagni, Raffaella Carrà si esibisce nel ballo simbolo della tv italiana: il Tuca Tuca. Con il ballerino di Canzonissima, un giovanissimo Enzo Paolo Turchi, "Raffa" è consapevole che la coreografia che porterà in prima serata potrebbe costarle il licenziamento, come racconta Turchi nella serie Disney+. Il ballo ammiccante, evocativo degli scambi di gesti e confidenze propri di due innamorati, è dirompente per i rigidi canoni della Rai. Il direttore di Rai 1 vigila sulla coreografia, intimando la censura, e raccomandando che nessuno tocchi l'altro in maniera troppo esplicita.
Troppo tardi. Con un look total black luccicante e raggiante come era "Raffa", Alberto Sordi accetta di partecipare a Canzonissima solo se lo lasceranno ballare con Raffaella Carrà nel Tuca Tuca. Top a maniche lunghe nero luccicante e pantaloni a zampa neri, la cantante torna a esibire l'ombelico mentre Sordi sfida i canoni Rai, giocando con la sensualità che il ballo voleva evocare. La coreografia, considerata troppo esplicita per un'Italia che deve ancora fare i conti con le rivendicazioni femministe in tv, mette tutti d'accordo se a ballarla è l'attore più famoso dell'epoca.
L'abito da suora di Ma che sera
Raffaella Carrà continuerà a sconvolgere la borghesia perbenista italiana quando, nel 1978, indossa un abito da suora abbinato che lasciava intravedere la lingerie. Per dare l'idea dell'avanguardia dei look di Raffaella Carrà basti sapere che alcuni giornali titolano "Raffaella Carrà suora sexy in tv circondata da uomini nudi" alludendo ai ballerini che indossavano solo calze e bombetta.
I look genderless di Raffaella Carrà
Nel corso della sua carriera, però, Raffaella Carrà non è stata solo simbolo di una femminilità libera, sensuale e divertita ma è stata una pioniera dei look genderless che tanto vanno di moda oggi. Nel 1985 viene intervistata da Giovanni Minoli a Mixer, dove si racconta tra aneddoti privati e grandi momenti di notorietà pubblica. Per l'occasione sfoggia un blazer tartan e un papillon rosso en pendant con un paio di orecchini. Il caschetto che l'ha resa famosa lascia spazio a un taglio sempre biondo e con l'iconica frangia ma più lungo, appena sotto le spalle, simbolo di una maturità anche artistica ormai acquisita.
Il look mannish viene scelto anche per uno dei momenti più alti della carriera di "Raffa": l'intervista con il mitico David Letterman nell'omonimo The Late Show. Nel marzo del 1986, la cantante consacra la sua fama anche negli Stati Uniti con un'ospitata al programma più celebre della tv americana. Ai suoi capelli biondo platino, Raffaella Carrà abbina sempre un papillon bordeaux coordinato con un completo per l'epoca ancora considerato androgino. A dimostrazione della sua avanguardia, quell'intervista diviene celebre per la dichiarazione della cantante, che ancora oggi è attuale se si pensa al gender pay gap che impedisce la parità di salario tra uomo e donna: "Sono una donna, ma guadagno quanto un uomo".
Ma gli anni Ottanta sono stati gli anni in cui il guardaroba di Raffaella Carrà si mischia con i look della disco music già abbracciata con il singolo Rumore. Spalline, bomber, maxi pellicce, paillettes e body sgambati tempestati di lustrini: tutto quello che ricolleghiamo agli anni Ottanta è diventato un canone anche per l'impatto mediatico e sociale di Raffaella Carrà, finalmente celebrata come si deve in una serie tv come il pilastro che ha definito e cambiato la storia socioculturale del Paese.